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Il 1° giugno è la giornata mondiale del latte. Ma non è mai stato tanto sotto attacco come oggi

L’obiettivo di questa giornata, quando è stata istituita vent’anni fa, era quello di valorizzare il latte e il settore lattiero caseario a livello globale. Ma di acqua sotto i ponti, da allora, ne è passata davvero molta. Oggi l’Onu sta organizzando, a New York, il Food Systems Summit, che dovrebbe tenersi in autunno. E che, tra le sue intenzioni, ha anche quella di discutere il tema delle proteine animali partendo dall’assunto che la dieta, oggi, contenga troppi alimenti di derivazione animale e, per questo, sarebbe poco sostenibile per il Pianeta. 

Le alternative vegetali e le leggi per difendere il latte

In questi giorni, in Europa, si è tornato a discutere di latte e di sostituti vegetali. Se, da un lato, si è riusciti a fermare un emendamento che avrebbe consentito l’utilizzo della parola ‘latte’ per le bevande vegetali, dall’altro non è passato, invece, quello che vietava a questi prodotti di utilizzare formati di confezionamento che ricordassero i tradizionali contenitori di latte o yogurt, immagini evocative dei prodotti lattiero caseari o claim basati sul confronto tra gli alimenti di origine vegetale con i latticini. Ma si tratta di battaglie ancora aperte il cui esito non è affatto scontato. Tanto che, forse, varrebbe la pena concentrare le energie su una comunicazione positiva intorno al latte e ai suoi derivati piuttosto che sul tentativo di introdurre limiti e norme che difficilmente possono trovare consensi, come quella di riservare certi packaging a questa categoria. Perché, mentre si cerca di arginarle, le alternative vegetali crescono e si raccontano con claim molto efficaci come: “buono per te e per il pianeta”, cui non serve far riferimento al latte per porsi come alternativa più sostenibile, agli occhi di chi legge. E non mancano anche i prodotti che il latte lo contengono, ma fanno di tutto per nasconderlo.

E, d’altronde, le alternative vegetali cominciano ad essere presenti negli assortimenti di tantissime aziende del lattiero caseario. E’ di questi giorni, ad esempio, la notizia che Friesland Campina, forte della sua esperienza nelle polveri, stia lavorando per realizzare innovativi dessert a base vegetale. Ma è solo uno dei tanti esempi: i grassi di origine vegetale per il settore dolciario sono sempre più utilizzati e richiesti dal consumatore finale e i prodotti vegetali o misti sono sempre più presenti sul mercato. Da un lato, quindi, è probabilmente necessario arrendersi al fatto che una parte dei consumi virerà inevitabilmente su questa tipologia di prodotti. E che è meglio esserci che non esserci. Dall’altro però è chiaro che è sempre più urgente reagire, prima di tutto nelle sedi opportune, cioè quelle che stanno ragionando sulla politica alimentare del futuro. Gli italiani, in questo, hanno sempre peccato un po’ di superficialità, trascurando la presenza nelle istituzioni mondiali e affidandosi piuttosto alla nomea dei prodotti della nostra tradizione come portabandiera di uno stile di vita. Ma è arrivato probabilmente il momento di cambiare strategia e, su questo fronte, la presidenza italiana di Fil-Idf, guidata da Piercristiano Brazzale, non poteva cadere in un momento migliore. 

La sostenibilità, il Nutriscore e il caso Nestlè

Sta facendo molto discutere, in queste ore, la pubblicazione di un memo interno Nestlè nel quale si afferma che due terzi dei prodotti della multinazionale non siano salutari. Fra questi, ben il 60% dei latticini. Ed è la stessa Nestlé su cui si era sollevato il polverone del ‘latte ai piselli’, che ottiene la A, cioè la massima valutazione, secondo il Nutriscore. In qualche modo, sorprende la sorpresa che sta destando questa notizia. Perché è chiaro che questo è e sarà uno degli effetti principali del Nutriscore: l’adeguamento degli assortimenti alle linee guida che sono alla base del semaforo francese. I retailer chiederanno questo e anche i consumatori saranno spinti a prediligere prodotti verdi. Un fatto che deve spingere ad alcune considerazioni: la prima, sicuramente, è quella di battagliare contro questo sistema perverso, che pretende di esaurire un tema complesso come quello del rapporto fra ogni singola persona e la sua alimentazione con tre colori e quattro lettere. L’altra, però, è quella di provare ad intervenire laddove possibile, sui prodotti, ad esempio per quanto concerne il contenuto di sale. L’altra questione decisiva è quella della sostenibilità: non tanto da intendersi come quella di facciata che serve ai bilanci sociali ma come ragionamento sull’efficienza produttiva e sulle ricadute sul piano ambientale. E, anche in questo caso, la comunicazione sarà decisiva. La pandemia ha favorito molte fake news intorno al tema degli allevamenti, fortificate da interventi superficiali o faziosi che hanno avuto moltissima risonanza. Bisogna fare bene, se si vuol vincere questa battaglia. E raccontarsi ancora meglio. 

Ma il lockdown ha favorito i consumi di latte, in Italia

Assolatte, che oggi è impegnata a celebrare la festa del latte, tira le fila dei consumi. Spiegando che, ancora oggi, è l’Europa a guidare la classifica dei maggiori consumatori, i particolare i paesi del Nord. Guardando la classifica del consumo annuale pro capite, si scopre che i primi sono gli estoni (121 kg a testa) seguiti da irlandesi (con 113 kg), finlandesi (104 kg), inglesi (97 kg), danesi (80 kg), austriaci (74 kg) e svedesi (74 kg). Inoltre, il settore lattiero caseario, in Europa, è il secondo per dimensioni e fatturato nell’ambito della produzione agricola. L’Italia fa storia a sé. Dal 2011 al 2019 il consumo annuale pro capite di latte alimentare è andato progressivamente riducendosi. Ma, nell’ultimo anno,  si è assistito ad un deciso incremento nell’acquisto di molti prodotti caseari, tra cui il latte fermentato e gli yogurt.

E intanto, in Cina, la panna cresce del 600% 

Buone notizie arrivano dall’altra parte del mondo. Secondo Assolatte, in Cina il carrello della spesa non vede più solo la presenza di formaggi freschi perché il successo dei prodotti italiani si è allargato anche alla panna, grazie alla sua caratteristica di ingrediente fondamentale di tantissime ricette. Dopo la crescita a tre cifre del 2020 (+145%), la panna continua a galoppare anche quest’anno ad un ritmo del +600%. Certo, si parte da numeri ovviamente piccoli. Ma in un mattino tanto nebuloso ci sembra comunque un ottimo buongiorno.