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L’hamburger può essere solo di carne. Ma 22 milioni di italiani consumano quello vegetale

Il Senato ha votato il ddl che vieta la produzione e la vendita di carne coltivata, in Italia, introducendo anche un emendamento per vietare l’uso dei nomi simili a quelli della carne per indicare alimenti derivati da proteine vegetali, come gli ‘hamburger’. Una decisione che coinvolge oltre 22 milioni di consumatori. Tanti sono infatti gli italiani che acquistano alternative vegetali. Oggi il nostro Paese è al terzo posto, in Europa, per consumo di prodotti plant based. Dai cosiddetti hamburger vegetali alle bevande, dalle alternative al formaggio agli affettati vegani, dai dolci ai piatti pronti: nelle corsie dei supermercati i prodotti vegetali prendono piedi in tutte le categorie. A differenza del cibo sintetico, non riproducono in vitro le proteine animali ma le sostituiscono con quelle vegetali. Inizialmente guardati con sospetto e reperibili solo nei negozi specializzati, oggi sembrano conquistare tutti i consumatori, non solo quelli vegani e vegetariani, che li acquistano considerandoli utili per il benessere e la sostenibilità. E se, per il governo italiano, quella contro il cibo sintetico è una battaglia da combattere a suon di leggi e divieti, nel resto del mondo si continua a discutere, fare ricerca, investire e interrogarsi sugli sviluppi futuri e le loro possibili conseguenze.

Alternative vegetali: un business da 500 milioni di euro, nel 2022

Secondo i dati diffusi da Unione Italiana Food, questo settore è cresciuto del 2,8% a volume e dell’8% a valore, nel 2022, per un giro d’affari complessivo di circa 500 milioni di euro. Burger e piatti pronti plant based crescono in doppia cifra sfiorando ,il 12%; arriva al +2,6% la crescita di gelati e dessert mentre sono stabili le bevande vegetali (+0,4%). “I plant based sono entrati nelle scelte alimentari di moltissime famiglie in Italia – commenta Salvatore Castiglione, presidente Gruppo prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food –. Oggi sono oltre 22 milioni i consumatori che li hanno provati e poi inseriti regolarmente nella propria dieta. Una scelta forte e indiscutibilmente consapevole. La ricerca lo conferma: chi li acquista sa bene cosa sono i plant-based e cosa sta mangiando”.

Il successo comincia dall’etichetta

“Il 75,5% di chi li conosce – spiegano da Unionfood – sa esattamente di cosa sono fatti. Un dato che indica ottima consapevolezza considerata la “giovane età” dei prodotti a base vegetale. Solo il 3,2% degli Italiani non sa cosa siano”. Un risultato ottenuto anche grazie alle etichette che, per i consumatori, “sono chiare ed esplicite (80,9%), facili da leggere e comprensibili (78,3%), veritiere e non fuorvianti (79,6%)”.

Il mercato italiano ed europeo, insomma, appare particolarmente attento a queste novità, curioso e informato. Tutte cose che, a ben vedere, dovrebbero far propendere forse per una maggiore attività di informazione riguardo le caratteristiche delle proteine animali e la loro sostenibilità, piuttosto che demonizzare cibi e novità, con il rischio di farle sembrare ancora più desiderabili agli occhi del consumatore.

Usa: le alternative vegetali ai prodotti lattiero caseari crescono del 12%

Anche Good Food Institute Europa (Gfi), su base NielsenIQ, attesta la crescita italiana rilevando che “le vendite di alimenti a base vegetale sono cresciute del 9% nel 2022, raggiungendo la cifra di 680,9 milioni di euro, piazzandosi al terzo posto nella classifica dei paesi europei con più alto fatturato di prodotti alimentari di origine vegetale, preceduta da Germania e Regno Unito“. Anche negli Usa il 2022 è stato un anno positivo per il mercato delle proteine alternative: secondo Boston Consulting Group è cresciuto del 9% e le vendite di prodotti lattiero caseari alternativi sono aumentate del 12%, crescendo più rapidamente di quelle dei corrispettivi tradizionali (+10%); il latte vegetale refrigerato ha registrato un incremento delle vendite dell’8% e la categoria degli spalmabili, come la margarina alternativa, è cresciuta a due cifre dopo la contrazione del 2021″.

Spiega Lamberto Biscarini, managing director e senior partner di Bcg: “Le preoccupazioni relative al prodotto rimangono al centro dell’attenzione dei consumatori, secondo cui c’è ancora margine di miglioramento su aspetti come gusto e consistenza”.