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Mercato dairy sempre più giù. Cosa accadrà al prezzo del latte alla stalla, in Italia?

Sono passati solo una manciata di giorni dall’ultima tornata di trattative e il mercato lattiero caseario italiano si trova a dover stabilire un nuovo prezzo del latte alla stalla. In una situazione ribassista che ben pochi avevano previsto a dicembre, quando Lactalis ha offerto 57 centesimi per sei mesi scontrandosi con il niet degli allevatori, decisi a strappare 60 centesimi anche a costo di chiudere l’accordo per un mese soltanto, quello di gennaio. Ma dai giorni di quella trattativa, e da quelle cifre, sembra passato un secolo. Oggi il grande assente non è più il latte ma la domanda: crema, burro, polveri, siero e anche formaggi sono sempre più difficili da vendere e con prezzi in deciso ribasso. C’è poi da valutare la discesa del petrolio, che da sempre si lega a quella del latte così come al mercato in generale, e anche il rapporto di cambio fra euro e dollaro, che oggi vede quest’ultimo in discesa. Ma quanto le cose siano cambiate conviene farlo dire ai numeri. Cominciando dal latte.

Il prezzo del latte scende in tutta Europa

Per capire come stia andando il latte si possono per prima cosa guardare i bollettini, tutti in deciso calo in tutta Europa. Questa settimana, il latte spot nazionale è sceso del 3,26%, a 52 centesimi per litro; in Germania va anche peggio: 43,25 centesimi, con un calo del 4,95%. Ancora più giù la Francia che quota 41,75 pari al -5,11%. Poi c’è il mercato, con cisterne tedesche consegnate a 40 centesimi. Vale la pena dirlo subito: oggi, guardando al quadro internazionale del latte, i 57 centesimi appaiono ben al di sopra della realtà. Le cisterne stanno viaggiando a prezzi molto inferiori e vi sono offerte, sul mercato dello spot, che mostrano già il 3 davanti, seppur solo appena sotto i 40 centesimi. Ma anche con prezzi così, vendere e acquistare una cisterna di spot è quasi impossibile. Anche perché, per contro, la disponibilità di latte è in crescita. Questo perché si munge di più ma anche perché ci sono prodotti che non si vendono, e quindi non si fanno, portando più latte sul mercato. Tanto che da dicembre si è rivisto latte estero, in Italia, dopo un lungo periodo in cui di cisterne ne arrivavano ben poche. Certo, latte spot e alla stalla non sono la stessa cosa ma lo spot è un termometro molto veloce, capace di mostrare in quale direzione si stia andando.

Burro e polveri: qual è il payout?

Un altro parametro essenziale per comprendere l’andamento del mercato è il payout burro e polvere magra. Cioè il valore del latte che si ricava dall’andamento di questi due prodotti, che mostra un impietoso 36.95 centesimi. D’altronde, è facile capirlo: le quotazioni del burro sono in caduta libera (-4,26% sono in questa settimana, in Italia) e le polveri vedono il segno meno davanti da ormai diverso tempo. Si dice che il mercato sia cambiato radicalmente nel volgere di poche ore ma la realtà è che forse non ci si è accorti subito dei segnali di discesa, cominciati a novembre per tutti i prodotti escluso il latte, forse perché condizionati da un anno vissuto con aumenti eccezionali. E se eccezionali erano, inevitabilmente si dovrà tornare indietro. E pare stia cominciando ad accadere.

Siero, cagliata e formaggi scendono. Lo farà anche il prezzo del latte alla stalla?

Quella fotografata dai bollettini, in realtà, è una situazione già vecchia. Questa settimana, ad esempio, le quotazioni del Grana Padano appaiono ancora stabili ma gli acquisti reali avvengono a cifre già in calo. E lo si vede anche dalla piccola cronaca casearia: chi ancora la settimana scorsa faceva la voce grossa con i caseifici che ritirano latte oggi li insegue per ricucire i rapporti. Tutti i derivati mostrano estrema debolezza, non solo il burro. Segno meno anche per cagliate, siero e, come si diceva, per le polveri. Sul mercato europeo i prezzi, per i formaggi, sono ormai drammaticamente vicino ai tre euro al chilogrammo.

Consumi&listini: l’altra faccia della luna

Il mercato del latte alla stalla è come paralizzato, stretto in un abbraccio mortale fra disponibilità e input agricoli da un lato, ancora su livelli piuttosto alti, e consumi che invece appaiono in calo sotto la pesante spinta inflazionistica. Ed è proprio questa ad aver determinato una situazione inedita: la difficoltà della Gdo ad assorbire gli aumenti, lo scorso anno, ha legato insieme prezzo del latte e listini. Il timore è che una discesa del prezzo entri a gamba tesa nell’affaire della moratoria sugli aumenti chiesta dalla Gdo e osteggiata dalla trasformazione. Tornare indietro oggi sul prezzo del latte significherebbe prestare il fianco su due fronti. Non farlo, però, significa morire ad un prezzo che nessun compratore saprà valorizzare. Dopo un durissimo 2022. Che fare dunque? La via più facile sembra la più irta di difficoltà. Ma, al tempo stesso, chiunque si occupi di numeri e business sa bene quanto sia pericoloso ignorare la realtà. Cosa accadrà nei prossimi giorni? Difficile fare previsioni. Le sindacali agricole sembrano decise a non scendere sotto i 60 centesimi, almeno a parole. Nel caso di Lactalis, sul tavolo c’è anche la famosa lettera inviata alla vigilia di Natale con la proposta di 57 centesimi. Un prezzo che oggi, però, fa paura a molti. Probabilmente, saranno il deciso raffreddamento della domanda e i gli ulteriori aumenti al consumo a decidere le sorti di prezzi e valori in campo.