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Canada: export lattiero caseario italiano a +35% grazie al Ceta

Gli ultimi dati relativi al Ceta mostrano ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, l’importanza degli accordi di libero scambio fra l’Unione europea e il resto del mondo. In vigore in via provvisoria dal 2017 e non ancora ratificato da tutti gli stati membri dell’unione, l’accordo con il Canada ha prodotto ottimi risultati per l’agroalimentare italiano. Nel complesso, dalla sua entrata in vigore le esportazioni italiane verso il Canada sono aumentate del 36,3%; sul podio l’agroalimentare con il +80% dell’ortofrutta trasformata, il +35% per il lattiero caseario e il +24% del comparto vino e bevande. Ma, come fa notare oggi Il Sole 24 Ore, questi risultati avrebbero dovuto spingere a negoziare altri accordi bilaterali mentre invece, in questi anni, è rimasto quasi tutto fermo. Le uniche due intese che sono state raggiunte dalla Ue hanno riguardato Cile e Nuova Zelanda, anche se la procedura di approvazione va ancora completata.

Ma sopratutto gli accordi commerciali internazionali sembrano spariti dal dibattito politico nonostante la loro importanza per il food Made in Italy sul quale tutti dovrebbero essere impegnati per cogliere qualsiasi opportunità possa aprirsi in giro per il mondo. Un lavoro che gli imprenditori compiono ogni giorno in prima persona ma che soffre di tutte le problematiche spesso connesse a barriere doganali, sistemi protezionisti, difficoltà burocratiche, certificati da approntare e barriere non tariffarie. In attesa, ormai da troppo tempo, ci sono due importanti accordi commerciali: il Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) e gli Stati Uniti. Nelle attuali condizioni internazionali il tema è sempre più urgente. Sempre riguardo all’export oggi il titolare del Masaf, Francesco Lollobrigida, ha parlato di un altro fronte difficile, per il food, cioè il mercato britannico nel dopo Brexit: “L’esecutivo vuole interloquire con il fondamentale mercato britannico. Per questo lavoriamo per sviluppare una relazione sempre più forte, valorizzando un sistema fatto di qualità, che non considera il cibo un carburante ma un elemento di civiltà”, ha spiegato il ministro.