Listini: perché il richiamo della Gdo alla ‘responsabilità’ ha fatto infuriare l’industria alimentare
Nella guerra dei listini in corso in questi giorni fra retail e industria contano i fatti. Ma contano anche molto le parole. I fatti sono chiari: le vendite sono in flessione, la Gdo parla di un -8%, e il carrello della spesa si sta riempiendo sempre più di prodotti primo prezzo. E non è certo questo il quadro consueto intorno alle feste di Natale. Dati che hanno spinto la Gdo a chiedere una moratoria sugli aumenti, anche su quelli già stabiliti, fino ad aprile 2023. Una richiesta che Centromarca ha bollato come non ricevibile a meno di mettere a rischio il tessuto produttivo italiano. Venerdì, all’Assemblea del Grana Padano, Paolo Zanetti, presidente di Assolatte, ha parlato di grande tensione fra i suoi associati per gli appelli della Gdo. “Siamo molto preoccupati, perché oggi sopportiamo costi altissimi, – ha sottolineato Zanetti – Comunque ci rimboccheremo ancora le maniche di fronte a questa tempesta”.
Venerdì si è tenuta anche la conferenza stampa di fine anno di Conad. Francesco Pugliese in quella occasione ha dichiarato: “Quest’anno abbiamo assorbito una parte importante degli aumenti dei listini delle aziende fornitrici, andando ad erodere così i nostri margini. Ora non abbiamo più spazio per farlo e per questo, insieme a tutto il mondo della distribuzione, chiediamo una azione di responsabilità all’intera filiera. Dobbiamo difendere il potere d’acquisto dei consumatori, delle famiglie, che sono quelle che fanno lavorare tutti noi. Ritengo sia importante”, afferma ancora Pugliese, “che ci si accordi lungo tutte le filiere, per una proroga dei contratti in corso, mantenendone le condizioni, per i primi tre mesi del 2023. In questo periodo avremo modo, tutti insieme, di analizzare l’evoluzione dei costi, energia in primis, e delle disponibilità di materie prime. Ad aprile ci risiederemo insieme e vedremo cosa fare. Già oggi si vedono segnali che rendono non adeguatamente motivati ulteriori aumenti di listino per alcune categorie di prodotto: non dobbiamo correre il rischio di una frenata dei consumi a inizio anno”.
E qui sta il vero nodo: l’erosione dei margini. La Gdo italiana lavora con un margine medio dell’1,5% e l’impatto degli aumenti energetici è stato del 3%. All’appello, insomma, almeno per andare in pari, manca l’1,5%. Ed è per questo che, senza dubbio, il retail non potrà accettare tutti gli aumenti ricevuti. Ma da qui a tornare indietro su quelli già concessi ce ne corre. Ma, sopratutto, è l’atteggiamento della Gdo ad aver fatto infuriare l’industria. Chiedere oggi un tavolo di confronto appellandosi al senso di responsabilità, come hanno fatto i retailer sulle pagine dei giornali nei giorni scorsi, è ingeneroso per non dire offensivo nei confronti di una industria, quella alimentare, che il proprio senso di responsabilità vero il Paese e i consumatori lo esercita ogni giorno – producendo cibo, pagando tasse e dipendenti, contribuendo al Pil anche con l’importante export etc etc – e ancora di più lo ha esercitato durante la pandemia quando, pur a fronte della chiusura di tutto il food service, si è reinventata adattandosi al nuovo mercato e alle tante richieste della Gdo, facendosi carico di moltissimi problemi. E’ senz’altro il momento di sedersi intorno a un tavolo per governare insieme una turbolenza come forse mai la si è vista in epoca moderna. Ma non si può farlo azzannando i propri interlocutori. Forse meglio usare parole più inclusive, come usa dire oggi, e di collaborazione. Perché altrimenti nulla si può risolvere. E si finisce per lasciar spazio a gente che, come ha fatto Prandini all’assemblea del Grana Padano, dice di aver forzato il tavolo delle trattative sul latte per fare un favore all’industria di trasformazione. Non è tempo per giochi di posizione o tattiche. E non è tempo per fare i primi della classe. Meglio comportarsi come quelli che stanno insieme nella bufera e insieme devono uscirne. Perché è davvero così.
Riguardo ai margini della Gdo forse non si ricorda che i prezzi al consumo non sono rimasti fermi (e questo vale per moltissimi prodotti), anzi alcune volete l’aumento è stato superiore a quanto riconosciuto ai produttori (questo perchè molti costi (es. energetici) riguardano anche la GDO).
Se i prezzi di materiali e materie prime crescono non è l’industria a poter fare qualcosa, si chieda ai fornitori di cui sopra di non fare più aumenti, ma con l’inflazione al 10% la vedo difficile!?
Riconoscere il senso dì responsabilità che ogni attore mette. Che nessuno faccia il furbo oggi è in futuro . Altrimenti è finita