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La corsa all’autosufficienza, il latte fuori quota delle Dop e la distorsione della concorrenza. E’ l’inizio di una guerra?

Se non fosse un’espressione fin troppo abusata, si potrebbe parlare di tempesta perfetta per descrivere ciò che sta accadendo e potrebbe accadere nel mondo del latte. I prezzi degli alimenti zootecnici sono in crescita da mesi, a causa della riduzione delle scorte mondiali, in particolare per soia e mais. Tanto che oggi l’incidenza dei costi sulla produzione di latte è arrivata, secondo l’analisi degli esperti di Clal.it, all’86%. Cui si deve aggiungere l’aumento dei costi per l’energia.

Dall’inizio dell’anno, in Italia, la produzione di latte è in aumento del 3% circa, con punte che arrivano fino al 7%. Oggi il tasso di autoapprovvigionamento è del 90,9% e, proseguendo di questo passo, si rischia l’autosufficienza nel 2022. La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: calo notevole del prezzo del latte italiano e conseguente riduzione delle importazioni di latte sfuso dall’estero. Nel 2020, in Italia, si sono raccolte 538mila tonnellate di latte in più, soprattutto da Lombardia (+5,5%), Emilia Romagna (+4,85%) e Piemonte (+4,60%). Molti sembrano gioire quando si parla del possibile raggiungimento autosufficienza ma, in un perfetto gioco schizofrenico, i due principali formaggi Dop italiani continuano a mettere il tappo alle loro produzioni, determinando una situazione paradossale. Nella quale nessuno sembra pensare al fatto che l’obiettivo dovrebbe essere quello di aprire sempre mercati nuovi e non avere mai latte abbastanza per soddisfare la domanda.

Il ruolo dei grana Dop

In questa complessa partita, un ruolo di primo piano lo stanno giocando i due grana Dop e i loro piani produttivi, che puntano a regolare la produzione di formaggio ma non intervengono su quella del latte dei loro circuiti, in netta crescita già nel 2020. E proprio lo scorso anno il mercato è stato inondato di latte proveniente dal mondo del Grana Padano, a tutto danno dei produttori di latte che operano fuori dalla Dop, che si sono trovati a dover competere con quantitativi non previsti e remunerati ben diversamente rispetto a quanto avviene nel circuito, ad esempio, del latte alimentare. Una situazione sempre più esplosiva perché il latte fuori quota viene prodotto grazie ai contributi Psr, ottenuti però perché produttori di Dop, che costituisce un plus nei punteggi dei bandi di filiera. Insomma, una vera e propria distorsione della concorrenza tra chi è fuori e chi è dentro il mondo Dop, che si sta facendo sempre più evidente. Oltretutto, è di questi giorni la notizia che il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha intenzione di istituzionalizzare la ricerca di sbocchi alternativi per il latte certificato fuori quota. Il presidente Nicola Bertinelli, in un’intervista rilasciata a Italia Oggi, ha spiegato: “Abbiamo iniziato i primi approcci con l’industria e le catene di distribuzione per valorizzare il nostro latte certificato rispetto a un latte commodity. Il Consorzio ha messo a disposizione denari per quei caseifici che intendano diventare centri di raccolta del latte”. E quanto agli usi, ha aggiunto: “Il latte di alta qualità dei territori di Parma, Modena e Reggio potrebbe trasformarsi in formaggi freschi, crescenza, caciotta o mozzarella”.  Per molti operatori del mondo agricolo, questo non è che l’inizio di una guerra tra allevatori di serie A, soci di cooperative di trasformazione Dop, ed allevatori di serie B, cioè il resto del mondo. E le guerre, si sa, possono fare molto male. 

Cosa sta accadendo in Germania e Francia? 

Diametralmente opposta la strategia scelta da questi due Paesi. Dove si sta assistendo alla riduzione dei capi e, di conseguenza, all’aumento del prezzo del latte. Quella di Francia e Germania non è una politica momentanea. I due paesi hanno fatto una scelta strutturale che va in direzione della riduzione dei conflitti: produrre meno latte per ottenere un prezzo più alto. E basta guardare la quotazione dello spot tedesco, ferma a 0,38 euro/litro da agosto 2020, per rendersi conto degli effetti di questa strategia. E per il 2021 gli esperti di Clal prevedono un calo complessivo dello 0,7% nella produzione di latte dell’Ue-28, legata proprio alla riduzione tedesca e all’aumento del costo della razione alimentare delle bovine.