trasformazione & dintorni

Vita d’alpeggio 4: chi ha paura del lupo?

Di sicuro, questa sarà un’estate difficile da dimenticare per la vita d’alpeggio. La siccità, i pascoli che erano già fieno a luglio e l’aumento dei costi hanno costretto a una dura battaglia. E, come se non bastasse, ci si è messo anche il lupo. Sulle montagne, quest’anno, lo si è visto parecchio. Forse per il clima o forse per mancanza di altre prede, questo affascinante quanto temibile animale è stato uno sgradito compagno delle notti d’alpeggio.

Nell’Oasi Zegna alcuni alpeggi non sono nemmeno stati aperti per la paura del lupo, mentre altri hanno vissuto l’angoscia dell’attesa, di notti passate ad ascoltare i rumori del bosco, l’abbaiare di cani e i campanacci delle vacche. Ancor più dopo l’attacco alle capre dell’azienda agricola di Erik Ferrero ed Elena Mania, alla bocchetta di Margosio. “Erano le ultime ore del giorno, quelle preferite dalle nostre capre, e stavo per radunarle e metterle nel recinto. La serata però era bellissima e così ho pensato di lasciarle fuori ancora un po’, mentre finivo di preparare da mangiare per l’indomani. Ad un certo punto ho sentito le capre correre a perdifiato giù dal pendio e ho subito capito. Mi sono precipitata fuori e ne sono arrivate solo 9 su 12. Con Erik abbiamo subito cominciato a cercare il lupo e le altre capre. Poi, al mattino, la macabra scoperta. Due erano state fatte a brandelli e la terza morta nella fuga, probabilmente di crepacuore. Una di quelle sopravvissute ha perso tutto il latte. E tutto questo nel pieno della stagione”, racconta Elena (in foto). Passano pochi giorni e il lupo torna. E’ Erik a vederlo, questa volta. “Sembrava che mi volesse sfidare: si è seduto sul pendio, sotto un albero, all’imbrunire, quando ancora c’era luce e anche clienti al chioschetto della nostra azienda agricola, poco sopra l’alpeggio. E’ stato lì a guardarmi per un po’, nonostante gridassi per farlo scappare”.  Dopo l’accaduto, i due ragazzi si rivolgono alle autorità ma ricevono solo qualche suggerimento, poco applicabile per loro. “Come faccio a prendere dei cani da guardiania quando ho qui famiglie con bambini e altri cani per tutto il giorno?”, si chiede sconsolato Erik. Anche mettere un recinto non è una soluzione, per le loro capre, che per mangiare salgono lungo i pendii delle montagne intorno all’alpeggio. E così, la stagione, almeno per i formaggi di capra, è in parte compromessa. Non c’è ovviamente tempo per sostituire gli animali e restano solo la paura, la frustrazione e l’impotenza.

Elena Mania e le sue capre

Altrove, qualche alpeggio ha persino chiuso in anticipo per la paura del lupo. Il danno che può fare alle greggi va oltre la perdita degli animali. Quelli che sopravvivono si spaventano, facilmente perdono il latte e una volta preso di mira l’alpeggio nulla procede più come prima. Il lupo, in Italia, è una specie protetta e oggi, sull’arco alpino, si stima che siano oltre 3.300 gli animali presenti. Un problema cui si somma quello dei lupi ibridati, cioè incrociati con cani inselvatichiti, ancora più pericolosi perché perdono la loro indole, diventando ancora meno prevedibili. “Il lupo è tutelato dalla legge, ma chi tutela noi?” E’ questa la domanda che si fanno gli allevatori, ogni estate sempre di più. Poche settimane fa, vicino a Sondrio, è stata trovata, all’ingresso di un paese, la testa mozzata di un lupo, appeso ad un cartello, con accanto un lenzuolo con una scritta che recitava: “I professori parlano, gli ignoranti sparano”. Un gesto ovviamente da condannare ma che rivela tutta la drammaticità di un conflitto che richiede risposte e soluzioni. Perché se è vero che il lupo è a casa sua, lo sono anche gli alpeggiatori con i loro animali

Vita d’alpeggio, il fotoreportage

La bocchetta di Margosio

Vita d’alpeggio è un fotoreportage realizzato nell’Oasi Zegna, fra luglio e agosto 2022. Nata nel 1993l’Oasi Zegna è un progetto orientato alla valorizzazione, non solo del paesaggio, ma anche della vita in tutte le sue forme. E rappresenta la conseguenza dell’approccio del suo fondatore, Ermenegildo Zegna. Negli anni ’30 l’imprenditore realizzò un ampio progetto di valorizzazione del paesaggio attorno al Lanificio, fondato nel 1910, seguendo la strada che lui stesso aveva tracciato e dando vita a un ecosistema ben prima che il termine fosse coniato. Ma la sua visione andava oltre. Ponendo il Lanificio al centro di una comunità molto più vasta, ha creato la strada 232 e successivamente l’Oasi Zegna, grazie a un attento lavoro di riforestazione, per creare un’interdipendenza positiva e sostenibile. 

L’Oasi Zegna è un territorio ad accesso libero, in provincia di Biella, che si estende su 100 km2 e si sviluppa su 1.420 ettari di boschi e 170 ettari di pascoli, ed è un luogo perfetto per entrare in contatto con la natura nel pieno rispetto degli ecosistemi locali.