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Dop e Igp: la protezione delle denominazioni vale per prodotti e servizi

Dop e Igp godono di protezione nei confronti di condotte vietate, sia nel caso dei prodotti sia in quello dei servizi. Si chiude così, con una sentenza della Corte di giustizia Ue, la vicenda che ha visto contrapposta la catena spagnola di tapas bar ‘Champanillo’ e il Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, che si era rivolto alla massima corte europea per chiedere di vietare l’uso del termine ‘Champanillo’ in quanto costituiva una violazione della denominazione d’origine protetta ‘Champagne’. La corte, dopo aver sentito le parti, ha dato ragione alla Dop e rinviato al giudice nazionale la risoluzione della causa, conformemente alla decisione della Corte. Una decisione importante, quella della corte, perché vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile in merito a Dop e Igp. Per questo, pubblichiamo di seguito il testo integrale della sentenza.

Dop e Igp: il testo della sentenza della Corte di giustizia Ue

Il regolamento protegge le Dop da condotte relative sia a prodotti che a servizi. Detto regolamento, infatti, è diretto essenzialmente a garantire ai consumatori che i prodotti agricoli muniti di un’indicazione geografica registrata presentino, a causa della loro provenienza da una determinata zona geografica, talune caratteristiche particolari. Essi offrono pertanto una garanzia di qualità dovuta alla loro provenienza geografica, allo scopo di consentire agli operatori agricoli che abbiano compiuto effettivi sforzi qualitativi di ottenere in contropartita migliori redditi e di impedire che terzi si avvantaggino abusivamente della notorietà discendente dalla qualità di tali prodotti.
Il regolamento predispone dunque una protezione ad ampio raggio destinata ad estendersi a tutti gli usi che sfruttano la notorietà associata ai prodotti protetti da una di tali indicazioni. Date tali circostanze, la Corte considera che un’interpretazione dell’articolo 103, paragrafo 2, lettera b), di detto regolamento che non consenta di proteggere una Dop quando il segno controverso designa un servizio non solo non sarebbe coerente con l’ampia portata riconosciuta alla protezione delle indicazioni geografiche registrate, ma non consentirebbe di conseguire pienamente tale obiettivo di protezione, dal momento che la notorietà di un prodotto Dop può essere indebitamente sfruttata anche quando la pratica prevista da tale disposizione riguarda un servizio.


In secondo luogo, la Corte rileva che il regolamento non contiene indicazioni riguardo al fatto che la protezione contro qualsiasi evocazione sarebbe limitata alle sole ipotesi in cui i prodotti designati dalla Dop e i prodotti o i servizi per i quali è utilizzato il segno controverso siano «comparabili» o «simili», né nel senso di un’estensione di tale protezione ai casi in cui il segno si riferisca a prodotti o servizi non simili a quelli che beneficiano della Dop.
Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di ‘evocazione’ si estende all’ipotesi in cui il segno utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una indicazione geografica protetta (Igp) o di una Dop, di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto di cui trattasi, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che fruisce di detta indicazione o denominazione. Inoltre, può sussistere evocazione di una Igp o di una Dop qualora, trattandosi di prodotti di apparenza analoga, vi sia un’affinità fonetica e visiva tra l’Igp o la Dop e il segno contestato. Tuttavia, né la parziale incorporazione di una Dop in un segno che contraddistingue prodotti o servizi non protetti da tale denominazione, né l’identificazione di una similarità fonetica e visiva del segno con detta denominazione costituiscono condizioni che devono essere obbligatoriamente soddisfatte per accertare l’esistenza di un’evocazione di tale medesima denominazione. L’evocazione può infatti risultare anche da una ‘vicinanza concettuale’ tra la denominazione protetta e il segno di cui trattasi.


La Corte considera che, per quanto riguarda la nozione di ‘evocazione’, il criterio determinante è quello di accertare se il consumatore, in presenza di una denominazione controversa, sia indotto ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, la merce protetta dalla Dop, circostanza che spetta al giudice nazionale valutare tenendo conto, se del caso, dell’incorporazione parziale di una Dop nella denominazione contestata, di un’affinità fonetica e/o visiva di tale denominazione con tale Dop, o ancora di una vicinanza concettuale tra detta denominazione e detta Dop. Secondo la Corte, per accertare l’esistenza di un’evocazione è essenziale che il consumatore stabilisca un nesso tra il termine utilizzato per designare il prodotto in questione e l’Igp. Detto nesso deve essere sufficientemente diretto e univoco. L’evocazione può quindi essere accertata solo mediante una valutazione globale del giudice nazionale che comprenda l’insieme degli elementi rilevanti della causa. Di conseguenza, la nozione di ‘evocazione’, ai sensi del regolamento, non esige che il prodotto protetto dalla Dop e il prodotto o il servizio contrassegnato dalla denominazione contestata siano identici o simili. La Corte ha precisato che, nel valutare l’esistenza di una tale evocazione, si deve fare riferimento alla percezione di un consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Secondo la giurisprudenza, la protezione effettiva e uniforme delle denominazioni protette su tutto il territorio dell’Unione esige che non si tenga conto delle circostanze che possano escludere l’esistenza di un’evocazione per i consumatori di un solo Stato membro. Resta comunque il fatto che, per attuare la protezione prevista, l’esistenza di un’evocazione può essere valutata anche con riferimento ai consumatori di un solo Stato.

La Corte conclude che l’articolo 103, paragrafo 2, lettera b), del regolamento deve essere interpretato nel senso che l’evocazione di cui a tale disposizione, da un lato, non richiede, quale presupposto, che il prodotto che beneficia di una Dop e il prodotto o il servizio contrassegnato dal segno controverso siano identici o simili e, dall’altro, si configura quando l’uso di una denominazione produce, nella mente di un consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, un nesso sufficientemente diretto e univoco tra tale denominazione e la Dop. L’esistenza di un tale nesso può risultare da diversi elementi, in particolare, dall’incorporazione parziale della denominazione protetta, dall’affinità fonetica e visiva tra le due denominazioni e dalla somiglianza che ne deriva, e anche in assenza di tali elementi, dalla vicinanza concettuale tra la Dop e la denominazione di cui trattasi o ancora da una somiglianza tra i prodotti protetti da tale medesima Dop e i prodotti o servizi contrassegnati da tale medesima denominazione.