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Meno latticini, più snack: la nuova dieta post Covid dei consumatori americani

Scoprire in che modo la pandemia ha influenzato la dieta degli americani. E’ questo l’obiettivo della ricerca, condotta intervistando più di 10mila americani (Changes in Food Consumption Trends among American Adults since the COVID-19 Pandemic. Monroe-Lord, L., et al) che mostra come, sin dalla pandemia, i consumatori statunitensi si siano rivolti sempre più a cibi malsani contenenti grassi e zuccheri, mentre il consumo di carne, latticini, frutta fresca e cereali è diminuito.

I risultati dello studio sono coerenti con ricerche simili che hanno analizzato le abitudini alimentari nei paesi europei e potrebbero aiutare lo sviluppo di una strategia per gestire la qualità della dieta durante le crisi future, hanno spiegato i ricercatori.

Condotta da ricercatori dell’Università del Distretto di Columbia, della City University di New York e del McDaniel College, la ricerca ha intervistato 10.050 adulti statunitensi di età compresa tra 40 e 100 anni. I partecipanti sono stati divisi in tre gruppi in base al loro stato nutrizionale – non a rischio, a rischio possibile, a rischio – misurato prima e dopo la pandemia.

Per valutare le loro abitudini alimentari, le domande sono state classificate in base agli elementi del gruppo alimentare, ad es: frutta, verdura, proteine, cereali e latticini, oltre a grassi, zuccheri, dolci e integratori alimentari.

Latte, yogurt e formaggio escono dalla dieta dopo il Covid. Ma anche gelati e caramelle

I risultati hanno mostrato che il consumo di latte, così come le porzioni giornaliere di formaggio e yogurt sono diminuiti “significativamente” dall’inizio della pandemia. Anche i punteggi per i cereali (in particolare il pane integrale), la frutta e le fonti proteiche magre, come pesce, pollo e tacchino, sono inferiori. Tuttavia, non ci sono stati cambiamenti significativi nei livelli di consumo di carni e verdure lavorate.

Allo stesso tempo, il punteggio di grassi, zuccheri e dolci – per lo più snack consumati dai partecipanti – è aumentato del 3,64%, incremento che i ricercatori hanno definito “significativo”. Alcuni prodotti della categoria, però, hanno registrato diminuzioni, fra questi: caramelle e cioccolato (-4,8%), cracker, salatini e popcorn (-4,1%), gelato (-0,8%) e burro usato come crema spalmabile.

I risultati hanno anche mostrato che lo stato nutrizionale di alcuni dei partecipanti è peggiorato: secondo lo studio, quei partecipanti che erano “a rischio” prima del COVID-19, il 90% era rimasto a rischio dopo il COVID-19, mentre quelli che erano stati classificati “a possibile rischio” prima della pandemia oggi sono classificati “a rischio”.

La riduzione del potere d’acquisto è la ragione del calo dei consumi di prodotti lattiero caseari

I ricercatori osservano che la ragione più probabile per cui gli americani mangiano meno latticini dopo la pandemia è l’aumento dei prezzi. “Il consumo totale di prodotti lattiero caseari è diminuito dalla pandemia di COVID-19”, si legge nel documento. “Questa riduzione può essere attribuita all’aumento del prezzo dei prodotti lattiero caseari a causa della pandemia di COVID-19 e alle interruzioni della catena di approvvigionamento”.

I ricercatori hanno suggerito che prevenire un calo del consumo di latticini durante le crisi future sarebbe cruciale in ragione del contenuto di nutrienti del gruppo alimentare. “È ben documentato che le carenze di vitamina D possono contribuire a casi gravi di COVID-19, a causa del suo ruolo nella modulazione del sistema immunitario e nell’aumento dell’espressione del tensioattivo nei polmoni”, si legge nel documento. “Pertanto, è importante affrontare i modi per prevenire la diminuzione del consumo di latticini durante le pandemie, poiché i latticini sono una fonte significativa di vitamina D nella dieta”.

Nel frattempo, l’aumento del consumo di prodotti meno sani potrebbe essere dovuto allo stress, suggerisce lo studio. “Per i gruppi che hanno aumentato le loro abitudini alimentari, gli esperti hanno suggerito un collegamento con l’aumento del disagio psicologico e dell’incertezza, un fenomeno noto come alimentazione emotiva”, hanno scritto i ricercatori. “L’aumento delle abitudini di spuntini è stato anche associato a individui che avevano già un indice di massa corporea più elevato”.