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Violazione dell’Art. 62: l’Agcm assolve 5 caseifici pugliesi. Sconfitta per Coldiretti

Tredici istruttorie su altrettanti caseifici in Lombardia (1), Emilia-Romagna (1), Sardegna (6) e Puglia (5). L’accusa? Pratiche sleali in danno degli allevatori conferenti ai sensi dell’Art.62. Avviata a dicembre 2020 su segnalazione del Mipaaf, l’indagine dell’Antitrust è divisa in due diversi filoni. Il primo riguarda 5 caseifici pugliesi e le forniture di latte a marzo e aprile 2020, all’inizio dell’emergenza Covid, ed è partito su indicazione di Coldiretti. L’altro, invece, è relativo al rispetto della norma sui contratti scritti e coinvolge sei aziende della Sardegna e due piccoli caseifici della filiera Grana Padano, in Lombardia ed Emilia. Le delibere dell’Agcm, contenute nel bollettino di questa settimana, prendono due diverse direzioni, assolvendo i caseifici pugliesi e sanzionando, a vario titolo, tutti gli altri. Ma vediamo perché.

Art.62: l’incredibile vicenda in Puglia, nel pieno dell’emergenza di marzo 2020

A dicembre 2020, l’allora ministro Teresa Bellanova decide di segnalare, a seguito di una denuncia ricevuta da Coldiretti Puglia e da Ara Puglia (Associazione regionale allevatori Puglia), cinque caseifici della Regione. Accusati, come si legge negli atti, delle seguenti condotte: “la decisione unilaterale di non corrispondere per intero ai propri allevatori conferenti il prezzo stabilito contrattualmente, e pertanto dovuto, per il ritiro e l’acquisto del latte effettuati nel mese di marzo e aprile del 2020; l’invio della comunicazione di tale decisione alla fine del mese di marzo 2020 con riferimento ai quantitativi già conferiti durante il mese stesso, circostanza che attribuisce a tale comunicazione efficacia retroattiva; la concreta attuazione della decisione comunicata mediante il pagamento agli allevatori soltanto di un prezzo in acconto”. La vicenda dei cinque procedimenti, che riguardano il Caseificio Palazzo, Capurso Azienda Casearia, D’Ambruoso Francesco, Delizia e Caseificio Sette Colli, ha dell’incredibile.

Tutto comincia sul finire di febbraio 2020 quando, come tutti ben sappiano, scoppia l’emergenza Covid. Già dai primi giorni del marzo 2020, i caseifici accusano il colpo, in particolare quelli che producono formaggi freschi: la crisi ha causato una drastica riduzione delle vendite determinata dalla chiusura del canale horeca durante il periodo di lockdown e dalla disdetta degli ordinativi destinati alle esportazioni. Nel caso dei cinque caseifici pugliesi, tutti specializzati nella produzione di mozzarella e paste filate, il calo è superiore al 20%. Le aziende cercano subito di correre ai ripari: i numeri sono drammatici e il contesto incerto. Sin da subito, le aziende pugliesi avviano una serrata interlocuzione con tutti gli attori della filiera: associazioni di categoria degli allevatori (tra cui anche Coldiretti), Confindustria e i rappresentanti delle istituzioni (Comuni e Regione Puglia), per concordare iniziative di salvaguardia degli interessi della filiera. Tra il 19 e il 27 marzo 2020 si susseguono concitati numerosi incontri in video conferenza fra le parti per affrontare la “crisi latte”. Il 20 marzo 2020 viene siglata una lettera di intenti tra i rappresentanti comunali e regionali, alcuni caseifici in rappresentanza di tutti quelli del territorio e le organizzazioni di categoria degli allevatori (Copagri, CIA, ARA, Confagricoltura) tranne Coldiretti, che risulta assente.

Il 27 marzo 2020 quattro caseifici inviano ai propri fornitori una lettera con la quale si comunica la decisione di pagare soltanto un acconto per il latte ritirato a marzo, trattenendo la rimanente somma al fine di rimborsarla successivamente, in base agli accordi già raggiunti con le istituzioni in materia di contributi. Il quinto caseificio lo farà anche per il mese di aprile. Durante questo periodo, precisa la delibera dell’Antitrust, le aziende hanno ritirato tutto il latte conferito dagli allevatori, anche in caso di incrementi dei quantitativi, assicurando così la continuità aziendale. L’8 aprile 2020 diverse organizzazioni agricole, con la sola eccezione di Coldiretti, sottoscrivono un documento con il quale si prende atto della situazione di difficoltà dei caseifici e della necessità di uno sforzo comune dei protagonisti della filiera. In particolare, le associazioni di categoria, pur contestando che la lettera agli allevatori fosse stata inviata in assenza di un preventivo accordo, approvavano, sul piano sostanziale, la decisione del pagamento in acconto del latte, riconoscendone l’assenza di intento speculativo e la finalità di salvaguardia degli interessi della filiera. Tanto più in una regione dove, a marzo 2020, il 27% della produzione di latte non era stato ritirato. La vicenda si conclude definitivamente tra la fine dell’anno e l’inizio del 2021: gli aiuti arrivano, i caseifici possono accedere ai fondi e pagano il saldo agli allevatori. In qualche caso, considerando i due centesimi di contributo pubblico al litro di cui gli allevatori hanno usufruito direttamente, il saldo ha superato quanto previsto dal contratto. Di fatto, il costo di quella crisi è stato assorbito dai caseifici e gli allevatori hanno contribuito, secondo il principio della responsabilità sui rischi imprenditoriali, con il differimento del 10% del pagamento previsto. Ma a Coldiretti la faccenda non va giù e il Mipaaf, su sua indicazione, segnala tutto all’Autority. Che sei mesi dopo, per fortuna, chiude la vicenda stabilendo che violazioni non ce ne sono state.

I 2 casi in Lombardia ed Emilia: sanzioni per mancanza di contratti scritti e ritardi di pagamento

Il filone più piccolo dell’istruttoria sulle violazioni dell’Art.62 ha riguardato due piccoli caseifici della filiera Grana Padano, in Emilia e Lombardia, ed è stato avviato su segnalazione del ministero delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo – dipartimento dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressione delle Frodi. Anche in questo caso, come in Sardegna, al centro dell’inchiesta c’è il tema della mancata conclusione di contratti di fornitura scritti, oltre a piccoli ritardi nel pagamento delle forniture rispetto ai 30 giorni stabiliti dall’Art.62. Nel caso del caseificio Ferretti di Orzinuovi (fatturato 2019: 8,7 milioni di euro) l’Autorità ha ritenuto che non vi siano violazioni delle norme sui contratti scritti ma ha deliberato una sanzione di 1.000 euro per il pagamento di cinque fatture relative a forniture di latte nel corso del 2018, avvenuto con un ritardo di 1/3 giorni. La Caseari dall’Aglio di Vernasca (Pc), attiva nella produzione di Grana Padano (fatturato 2019: 1,2 milioni di euro), è stata segnalata dal Mipaaf per la presunta assenza di contratti di fornitura scritti con due conferenti. Risparmiando i tecnicismi, che si possono leggere nel testo integrale delle delibere, l’Agcm ha irrogato una sanzione amministrativa di 2mila euro.

Art.62, la vicenda sarda: mancano i contratti scritti, tutti multati

In Sardegna tutto ruota intorno al tema della mancanza di contratti scritti. L’inchiesta, partita su segnalazione del Mipaaf e dell’Associazione Più Sardegna, riguarda “l’accertamento della ricorrenza e possibile illiceità, ai sensi dell’Art.62, comma 1, del D.L. 1/2012, delle condotte commerciali poste in essere consistenti nella mancata conclusione di contratti di fornitura in forma scritta con tutti gli allevatori conferenti latte ovino e caprino, nell’annata casearia 2018/2019”. Sotto accusa, nell’Isola, ci sono 5 ‘pesci piccoli’ e un bersaglio più grosso: il caseificio F.lli Pinna. Nel dettaglio, si tratta di: Caseificio Mattana Francesco (Sinnai, fatturato 2019: 1 milione di euro), multato per 2mila euro; Caseificio Murtas Srl  (Silius, fatturato 2019: 1,8 milioni di euro), multato per 2mila euro; Caseificio Ernesto Frau e Figli Srl (Selargius, fatturato 2020 poco sopra il milione di euro), multato per 4mila euro; la  Formaggi Aresu Srl  (Donori, fatturato 2019: 3,5 milioni di euro), multata per 4mila euro, la  F.lli Pinna Industria Casearia SpA (Thiesi, fatturato 2019: 57 milioni di euro), multata per 10mila euro; la Salvatore Picciau (Decimomannu, fatturato 2020: 2,2 milioni di euro), multata per 2mila euro.