Benessere animale, una faccenda da maneggiare con cura. I casi di Grana Padano e Coop
Quello del benessere animale è un tema che scotta. Ma è anche una definizione che abbraccia visioni molto diverse: si va da chi, in realtà, vorrebbe semplicemente eliminare l’allevamento a quanti, invece, chiedono l’introduzione di maggiori standard di benessere per gli animali allevati. Un gran calderone, con toni e argomenti talvolta estremisti, con il quale però chi lavora con gli animali, direttamente o indirettamente, è chiamato a confrontarsi. E qui arrivano le note dolenti. Il primo problema è a chi rivolgersi: inutile cercare un dialogo con chi ritiene che l’allevamento, e di conseguenza gli animali da allevamento, debba estinguersi. La posizione è assolutamente legittima, ovviamente, ma le visioni sono talmente lontane e inconciliabili da rendere abbastanza sterile il dialogo. E tutti ciò che si fa in direzione del benessere degli animali da allevamento non sposta l’opinione di chi ritiene che questa pratica debba interrompersi. Ben diverso è il dialogo con chi chiede più benessere animale: sono istanze che non vanno assolutamente prese sotto gamba, anzi sarebbe ideale anticipare eventuali normative, ma che, bisogna averlo bene in mente, stanno diventando un pre requisito, nella mente dei consumatori. Ovvero, tradotto: non c’è disponibilità a pagare di più per il benessere animale, che viene considerato una scelta etica obbligata. Esattamente come per un altro tema importante, cioè quello della sostenibilità ambientale, altra spada di Damocle per le proteine animali.
Nelle ultime settimane il pressing si è fatto più importante. E c’è una ragione ben precisa: “Abbiamo un’opportunità unica, entro settembre possiamo convincere la Commissione Europea a intraprendere una completa revisione della legislazione sulla protezione degli animali da allevamento, e fornire una miglior protezione per i vitelli ed altre specie. È incredibile che l’attuale legislazione permetta ancora l’isolamento e il confinamento degli animali appena nati: sono pratiche crudeli ed evitabili. Noi chiediamo standard di benessere più elevati, che non lascino indietro nessun animale”, ha affermato Reineke Hameleers, direttore di Eurogroup for Animals. Ma la cosa non si ferma a qualche dichiarazione. Ieri, infatti, l’associazione Essere Animali ha diffuso una video inchiesta registrata in un allevamento lombardo che conferisce latte al Grana Padano.
Benessere animale: il video della stalla della filiera Grana Padano. E la risposta del Consorzio
Il titolo con cui è stato diffuso il video è un attacco all’intero sistema: “Grana Padano. La sofferenza dei vitelli Made in Italy“. Ciò che è stato ripreso, ovviamente ‘sotto copertura’, è la vita di una stalla lombarda da 2.700 capi complessivi, della provincia di Bergamo, per circa due settimane. Scrive Essere Animali: “Questa investigazione sotto copertura documenta le condizioni dei vitelli in un allevamento intensivo produttore di Grana Padano, il formaggio più consumato al mondo. Nonostante si tratti di un’eccellenza italiana, ciò che accade ai vitelli negli allevamenti di mucche da latte è scioccante: vengono separati dalla madre alla nascita e rinchiusi in piccole gabbie”. E il testo continua parlando di terribili maltrattamenti, botte, comportamenti violenti. “È incredibile che l’attuale legislazione permetta ancora l’isolamento e il confinamento di animali appena nati, sono pratiche crudeli ed evitabili. Per questo, assieme a 77 Ong in tutto il mondo, stiamo chiedendo a gran voce alla Commissione Europea una completa revisione della legislazione sulla protezione degli animali da allevamento“, spiegano i responsabili dell’associazione.
A stretto giro di posta arriva anche la risposta del Consorzio del Grana Padano, affidata a una nota del direttore, Stefano Berni: “Stiamo lavorando a favore del benessere animale con grande partecipazione di tutto il nostro sistema e laddove si evidenzino comportamenti anomali avremmo piacere che ci venisse segnalato per poter intervenire al fine di bloccare attività difformi dalle regole e velocizzare pertanto il nuovo percorso dedicato al benessere animale”. Berni spiega poi che presto – ma quando? – diverrà obbligatorio un sistema, nella Dop, per misurare il benessere animale in modo oggettivo e definito, individuando criteri finalizzati alla cura, allo stato di salute, alla libertà di movimento, all’accesso al cibo e all’acqua con l’adozione di un protocollo finalizzato al benessere animale e all’aumento della sostenibilità che prevede l’introduzione della valutazione periodica, almeno annuale, di tutti gli allevamenti anche con sistema Classyfarm, con possibilità di certificazione dei caseifici per ottenere il claim “Benessere animale in allevamento” sul Grana Padano; l’individuazione delle azioni di miglioramento per le stalle che non raggiungeranno il punteggio minimo previsto; la valutazione positiva quale obbligatorio requisito del Disciplinare di Produzione e l’esclusione dal sistema delle stalle non conformi”.
E conclude la comunicazione così: “I comportamenti maldestri di pochi non possono gettare ombre su tutti i 4.000 allevatori che con impegno rispetto e attenzioni ogni giorno operano nelle stalle. Ci spiace, a causa di pochissimi, che sia stato messo in discussione il nostro impegno su questi temi che sono per noi da tempo una priorità e un obiettivo strategico irrinunciabile”. Anche se non in maniera diretta, insomma, il Grana Padano stigmatizza il comportamento tenuto nella stalla protagonista del video e promette azioni future, senza però entrare nei dettagli dell’oggi e dei tempi di realizzazione del domani. Il video è lì da vedere. E chiunque lavori in questo settore, guardandolo, sa di non vedere nulla di nuovo. Le prime sagge considerazioni, in tema di incursioni animaliste e stalle, le ha fatte Luca Acerbis su Steaming Up. Quando si è sotto i riflettori, non ci si può far trovare impreparati. E’ bene che chi lavora nelle stalle lo abbia in mente, nel suo agire quotidiano. Ma è tutta la comunicazione da rivedere, su entrambi i fronti. Gli animalisti hanno un obiettivo da perseguire ed è giusto che lo facciano, con tutte le armi. Ma non con falsità, video che annunciano immagini terribili e cruente che non ci sono e messa alla berlina di intere filiere e prodotti. Ma anche la comunicazione del Grana Padano appare frettolosa, generica e a tratti, forse, un po’ maldestra. Bisogna essere onesti (e orgogliosi) rispetto a ciò che si fa. Perché se i video delle stalle diventano dieci, e sono tutti simili, si torna molto indietro invece che fare un passo in avanti.
Coop e le code (di maiale)
Il profilo Facebook di Coop Italia, nella giornata di ieri, ha annunciato di aver messo al bando il taglio della coda dei suini appena nati nella filiera Coop. E lo ha fatto con un post dal tono anche vagamente ironico, che ha suscitato molte reazioni.
In numeri, si traduce così: 658 like, 292 commenti e 98 condivisioni. Ma tra i 292 commenti è davvero difficile scovare qualcuno che abbia apprezzato e capito la questione. Molti stigmatizzano il tono un po’ ironico ma, sopratutto, il merito della comunicazione. Uno per tutti riassume il concetto: “Quindi possono morire felici con la coda intatta? Che sollievo. Coop stavolta mi hai deluso, questa è veramente una ‘battaglia’ inutile”. A dimostrazione che parlare di benessere animale non è per nulla facile: gli animali da allevamento sono creature viventi ma anche materie prime e in alcuni casi, come nella carne, per diventarlo vengono abbattuti. E questo ovviamente rende spinosissimo parlarne, anche quando si tratta di miglioramento delle condizioni di vita degli animali. Ancora di più quando la comunicazione è affidata ai social, dove per natura tutto viene, e deve essere, semplificato. L’effetto, in questo caso, è soprattutto aver ricordato che i maiali, per diventare prosciutti o salami, muoiono. E allora la coda, quella del maiale, sembra davvero ben poca cosa. Anche se in realtà così non è.
È possibile nutrirsi di prodotti animali senza essere crudeli, ogni animale dovrebbe avere una vita felice e poi essere abbattuto dignitosamente, si può abere il latte senza essere crudeli coi vitelli, è ora che il mondo riconosca gli animali come creature come noi, anzi, molto migliori di noi