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Emissioni: fuori i bovini dalla direttiva, almeno fino al 2026. Ma gli altri allevamenti sono inclusi

E’ una vittoria a metà, quella ottenuta con la direttiva emissioni industriali dopo l’accordo di dialogo a tre, negoziato nella notte tra il 28 e il 29 novembre. Secondo il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Ue, gli allevamenti di bovini restano esclusi dal campo di applicazione della direttiva. Le soglie introdotte invece per gli allevamenti di suini e pollame sono: 350 unità di bestiame (UBA) per gli allevamenti di suini, 300 UBA per le galline ovaiole, 280 UBA per i polli da carne e 380 UBA per gli allevamenti misti. La proposta di revisione inizialmente presentata dall’esecutivo prevedeva di aumentare il numero di allevamenti coperti dalla direttiva (con soglie di 150 Uba). Si tratta di una vittoria olandese, tedesca e italiana che scontenta molto i francesi, perché il numero medio di vacche a stalla in Francia è basso e invece vengono colpiti i loro allevamenti di maiali e polli, che rientrano nella direttiva con regole più severe. Infine, l’accordo prevede, per le infrazioni più gravi, che gli operatori che non rispettano le norme saranno passibili di una multa pari al 3% del loro fatturato annuo nell’Ue, sceso rispetto all’8% della proposta dell’esecutivo. L’accordo deve ancora essere formalmente convalidato dal Parlamento e dal Consiglio dell’Ue. Le nuove regole scatteranno dal 2030. La decisione sui bovini e le loro emissioni viene rimandata al 2026.

Se il mondo lattiero caseario esulta, altrettanto non è ovviamente per chi alleva animali compresi nella direttiva emissioni e che colpiscono filiere come quella avicola e dei prosciutti. Data entro la quale la Commissione europea dovrà valutare come affrontare al meglio la questione delle emissioni legate all’allevamento dei bovini, così come quelle dei prodotti agricoli immessi sul mercato dell’Ue e quindi non soggetti alla direttiva emissioni industriali, ipotizzando una “clausola di reciprocità” che non penalizzi l’agricoltura europea.