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Prandini attacca Lactalis: “Se a qualcuno non va bene lavorare in Italia è libero di andarsene”

Sono pesantissime le parole pronunciate da Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, nel discorso conclusivo dei lavori dell’assemblea nazionale, a Roma. Un intervento nel quale non solo Prandini ha annunciato agli associati la volontà di denunciare Lactalis Italia per pratiche sleali nel contratto di fornitura del latte, ma è andato decisamente oltre: “Abbiamo provato in tutti i modi a ragionare con un soggetto non italiano, che in Italia pensa di poter applicare le proprie regole come e quando vuole. Sto parlando di Lactalis. A fronte di questo atteggiamento noi oggi procederemo con la denuncia all’Icqrf per pratiche sleali, perché loro hanno violato un contratto sottoscritto fra le parti che prevedeva un determinato prezzo. C’erano le condizioni per cui tale prezzo venisse pagato al mondo agricolo mentre oggi si continua a lavorare in assenza di contratto”. Le cose, però, non stanno esattamente così perché un contratto con i fornitori è in essere e il prezzo di riferimento viene stabilito con un indice. Il braccio di ferro, attualmente, è fra l’azienda e i conferenti di cui Coldiretti detiene le deleghe, contrari ai nuovi parametri. Prosegue poi Prandini: “Ma questa non è la giungla: questa è l’Italia e l’Italia ha le sue regole. Se a qualcuno non va bene lavorare in Italia, allora è libero pure di andarsene. Noi però continueremo a difendere gli interessi dei nostri agricoltori”.

Nessuna reazione ufficiale, fino ad ora, è arrivata da Lactalis Italia. Ma certamente queste parole devono aver arroventato non poco il clima, già sufficientemente caldo sia dentro che fuori dal mondo latte, perché senz’altro si è andati oltre ad una normale, anche dura, fase di trattativa. Le parole di Prandini sembrano anche non tener conto di alcuni dati essenziali: Lactalis, presente in Italia da più di 30 anni, ha un fatturato di oltre 2,5 miliardi di euro, si avvale di circa 5.000 collaboratori italiani e conta 30 stabilimenti produttivi sul nostro territorio. È il primo acquirente di latte nazionale con 1,43 miliardi di litri di latte, raccolti ogni anno da circa 1.000 conferenti latte in 15 regioni italiane. Difficile quindi poter parlare di “soggetto non italiano”, seppure si tratta di azienda parte di un gruppo internazionale. Così come appare davvero poco utile all’agroalimentare italiano e al settore latte dire, a chi detiene i marchi Invernizzi, Cademartori, Locatelli e Galbani e ha acquisito Parmalat, Gruppo Castelli o Ambrosi, come ha fatto Prandini: “Se a qualcuno non va bene lavorare in Italia, allora è libero pure di andarsene”. Tralasciando il fatto, ovvio, che tutte queste operazioni sono state condotte secondo le normali regole e quindi qualsiasi altra azienda italiana avrebbe potuto chiuderle, e non lo ha fatto, c’è un confine che anche nei confronti più duri non andrebbe mai superato. E invece forse questa volta lo si è fatto.