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Mercato dairy, parte 3: cosa succede in Cina?

L’analisi della situazione attuale e del prossimo futuro nel mercato dairy, prendendo le mosse dai numeri e dalle tendenze. Christophe Lafougere, ceo di Gìra Food, di recente ha fatto il punto della fase attuale nel corso di una assemblea organizzata da Assocaseari, a Peschiera del Garda, analizzando tutti i principali player. Dopo l’Unione europea, gli Usa e la Nuova Zelanda, è il turno del Paese più popoloso al mondo: la Cina. Cosa sta succedendo in Cina? Lafougere prova a rispondere a questa domanda, fondamentale perché tutto ciò che accade avrà un impatto diretto sui nostri mercati poiché la Cina è il principale importatore mondiale.

Mercato dairy: la raccolta latte in Cina

Per tanti anni, la produzione di latte in Cina è rimasta più o meno la stessa. Da quattro anni l’aumento è del 7% anno, grazie alle nascita di nuove aziende agricole. Il primo trimestre 2023 ha visto un aumento dell’8,5% e per fine anno i cinesi dichiarano un incremento totale del +9%. Ma il prezzo del latte sta calando, in maniera significativa nel 2023, perché ce n’è troppo. Aumenta il giro d’affari delle aziende che lavorano nel settore ma crescono anche le perdite, con l’effetto quindi di rallentare gli investimenti. Produrre latte in Cina costa e oggi la grande maggioranza delle fattorie sono verticalmente integrate nelle aziende. Tanti piccoli e medi produttori stanno lasciando il mercato quindi l’accelerazione è più grande di quel che sembra. La Cina nei prossimi cinque anni produrrà più latte degli Usa. Quella che vediamo oggi potrebbe essere l’alba di un nuovo mondo. La Cina aggiungerà tanto latte sullo scacchiere mondiale e gli Usa continueranno comunque a crescere. L’unica a scendere, per via delle norme ambientali, sarà l’Unione europea con il conseguente effetto dell’aumento dei prezzi dei nostri prodotti sui mercati mondiali.

Consumi ancora in stallo

Le vendite in Cina non vanno bene perché la domanda interna rimane insufficiente. Così c’è troppo latte e si producono polvere grassa e latte uht. E questo spiega perché attualmente la Cina ne compra meno in Europa. Ma non è tutto: il consumatore cinese sta anche capendo che, dal momento che il latte non è parte della loro dieta, può anche abbandonare i consumi se non ha la disponibilità economica per sostenerli, come accade ora. Potenzialmente, in futuro, ci sarà comunque un calo del -3% di equivalente latte importato in Cina, per via dell’aumento della produzione interna, ad eccezione di formaggio siero e burro, che continuerà a comprare fuori dal Paese.

Cina: l’import dairy 2023, prodotto per prodotto

WMP: forte calo del 61%
Fine del contingente tariffario zero all’inizio dell’anno (→distribuzione più uniforme delle importazioni nel corso dell’anno). L’eccesso di offerta di latte nazionale ha portato a una maggiore offerta nazionale di WMP a un costo inferiore.

SMP: aumento del 17%
Ancora poca produzione nazionale (sebbene vi sia emergente interesse per Cream + SMP)

Formaggio: aumento dell’8%
Ripresa della domanda della ristorazione e continua crescita della domanda dalla produzione di formaggi fusi.

Burro: in calo del 13,6%
Scorte relativamente elevate e domanda lenta.

Crema: calo del 7%
Gli alti costi della panna importata attirano più prodotti nazionali sul mercato; alcuni di loro sono prodotti con AMF.

Latte alimentare: forte calo del 43%
Maggiore sostituzione di prodotti nazionali nel canale retail e foodservice.

IF: crescita del 47%
Recupero della quota di mercato dei marchi stranieri, grazie alla penetrazione nel mercato delle città di livello inferiore e alla stabilità dei prezzi dei marchi stranieri IF rispetto ai marchi nazionali nel 2022 (l’eccessiva espansione dei marchi nazionali ha portato a scorte e guerra dei prezzi).

Prodotti a base di siero di latte (eccetto SA 350220 – principalmente WPC80): crescita del 58%
L’aumento della quota di allevamenti di suini su larga scala ha spinto la domanda di siero di latte per mangimi, anche se i prezzi della carne suina sono ancora bassi”.

Il futuro: come andrà il dairy nei prossimi mesi?

Quelle cinese è un mercato dairy che sta rapidamente mutando. Oggi le notizie non sono delle migliori: a settembre, secondo Lafougere, non ci sarà il forte aumento dei consumi di cui alcuni parlano: gli acquisti sono già stati fatti. Forse a fine anno si vedrà un piccolo aumento consumi ma per adesso non c’è alcun segnale di forte ripresa. Panna, polvere grassa e latte liquido sono i prodotti con più grosso calo dell’importazione per mancanza di consumi. Oggi le torri che producono polvere grassa, in Cina, funzionano quotidianamente quindi c’è meno domanda verso l’estero. La produzione di polvere grassa in Cina è raddoppiata, oltretutto con un mercato che sta flettendo. Anche la produzione di panna è sempre più interna perché i compratori hanno capito che Ue e Nz, i principali esportatori, sono in difficoltà. Quindi, nel futuro, la panna in Cina sarà di produzione locale. Le aziende, inoltre, hanno cominciato a produrre anche polvere scremata. Attualmente è l’infantile il prodotto che comprano di più in Europa. Ciò che però non fanno, e non faranno in Cina, è il formaggio, le cui importazioni sono cresciute dell’8,2% nei primi quattro mesi del 2023. Oggi, per potersi definire formaggio in Cina, un prodotto fuso deve contenere il 50% di formaggio. Ecco perché aumentano le importazioni e ci sarà sempre necessità di formaggio come Edam e Cheddar sul mercato cinese. Nella seconda parte del 2023 la produzione domestica sarà sempre forte e dunque non ci sarà nessun rimbalzo della domanda cinese.

La prospettiva economica: bene ma non troppo

La prospettiva economica cinese è illuminante, ma con delle fragilità. Il Pil cinese del 1° trimestre 2023 è cresciuto del 4,5% su base annua. Le vendite della ristorazione hanno registrato una forte ripresa del 13,9% sempre nel primo trimestre 2023. Le esportazioni sono aumentate inaspettatamente del 14,8% a marzo 2023, rispetto al calo del 6,8% di gennaio-febbraio. 2023. La crescita delle esportazioni, però, è rallentata all’8,5% in aprile e dovrebbe farlo ancora nei prossimi mesi. La crescita del reddito disponibile, tuttavia, è ancora lenta, anche perché chi è stato in lockdown durante il Covid non ha percepito stipendi, così come la ripresa delle vendite di beni durevoli. Il tasso di disoccupazione, in particolare tra i giovani, è ancora a un livello relativamente elevato, superiore al 20%, e i profitti delle imprese industriali, nel primo trim23, sono diminuiti del 21,4% su base annua. Il settore immobiliare si stabilizza ma resta fragile. Sul fronte della domanda, c’è un calo di quella europea verso la Cina, a causa dell’inflazione.