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Made in Italy: export agroalimentare a +18% nei primi sette mesi dell’anno

La crisi energetica, l’inflazione e l’impennata dei costi di produzione e della logistica non hanno finora arrestato la corsa del made in Italy agroalimentare sui mercati esteri. Secondo l’ultimo rapporto Ismea ‘La Bilancia dell’agroalimentare italiano’, l’andamento delle spedizioni nazionali è risultato molto positivo anche nei primi sette mesi 2022, dopo aver raggiunto, nel 2021, lo storico traguardo di 52 miliardi di euro.

Da gennaio a luglio, infatti, le vendite all’estero hanno totalizzato introiti complessivi per 34,5 miliardi di euro, mettendo a segno un incremento di quasi il 18% sullo stesso periodo dello scorso anno. Naturalmente, i dati in valore risentono della forte spinta inflattiva, anche se crescono comunque di più dell’inflazione italiana, ma crescono anche i flussi in volume delle referenze più rappresentative: pasta, prodotti della panetteria e biscotteria, vini spumanti, formaggi freschi e stagionati, prosciutti, pelati e polpe di pomodoro, a conferma che oltrefrontiera la presenza del made in Italy a tavola è un fatto ormai irrinunciabile.

L’unica eccezione è costituita dal comparto della frutta fresca e trasformata che evidenzia una riduzione dell’export anche in valore dello 0,5% a causa delle flessioni registrate da mele, kiwi e nocciole sgusciate.

Il nostro export cresce a due cifre sia in ambito Ue (+21% nel primo semestre del 2022) che presso i Paesi terzi (+16%) favorito, in questo caso, anche da un euro debole sul dollaro. Nei principali mercati di sbocco la progressione è, nell’ordine, dell’11% in Germania, del 21% negli Usa, del 18% in Francia. Anche nel Regno Unito, quarta destinazione per importanza, le vendite sono aumentate del 19% a dispetto dei segnali rallentamento dei due anni precedenti, che avevano alimentato diffusi timori per le conseguenze della Brexit. Da segnalare anche il forte incremento delle esportazioni verso Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, mentre risultano in controtendenza solo i flussi verso Cina e Giappone, anche se nel caso dei formaggi questo dato è positivo.

Dopo il surplus registrato nel biennio 2020-2021, il forte incremento del valore delle importazioni agroalimentari (+29,2% per 34,9 miliardi di euro), sotto la spinta dei rincari delle materie prime agricole, ha riportato il saldo della bilancia commerciale in negativo, con un deficit di 381 milioni di euro. L’andamento positivo delle importazioni è una spia della buona tenuta dell’attività di trasformazione, nonostante la forte pressione sui costi delle industrie alimentari italiane.