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Nutriscore sui prodotti Mdd: l’Antitrust accetta gli impegni di Carrefour. Ma non si esprime sul semaforo

A pochi giorni di distanza dal via libera a Yuka, l’Antitrust torna sul tema del Nutriscore. Questa volta l’istruttoria riguarda la Gdo e, nello specifico, Carrefour, Gs e Interdis, che utilizzano l’etichetta a semaforo sui prodotti a marchio del distributore. Una mossa che ha spinto Confagricoltura a chiedere il parere dell’autorità che vigila sulla concorrenza e sul mercato. Dopo un lungo dibattimento e numerosi interventi, proprio come nel caso di Yuka l’Agcm ha accettato gli impegni proposti da Carrefour rispetto all’utilizzo di Nutriscore che prevedono, oltre a locandine e messaggi informativi, l’esclusione di alcuni prodotti dall’iniziativa. Nello specifico, l’insegna non utilizzerà il Nutriscore sui prodotti private label commissionati da Carrefour Italia ai propri fornitori e commercializzati in Italia o all’estero, sui prodotti Dop e Igp, sui prodotti della tradizione gastronomica italiana (salumi, formaggi, olio di oliva), a prescindere dal luogo di produzione (Italia o estero) e sui prodotti a marchio Terre d’Italia. Carrefour Italia, ha precisato inoltre che “continuerà ad includere nel proprio assortimento una selezione limitata di prodotti private label, commercializzati in Italia dalla società francese Interdis, facente parte del Gruppo Carrefour France, che adotta il sistema di etichettatura nutrizionale volontaria Nutriscore. Ma l’offerta verrà accompagnata da una campagna d’informazione in tutti i punti vendita e sul sito internet, sui motivi per cui alcuni prodotti recano il Nutriscore e gli strumenti necessari per una corretta interpretazione del sistema di etichettatura nutrizionale”.

Gli impegni della campagna informativa di Carrefour

L’insegna si è impegnata ad esporre in modo visibile nei punti vendita, entro 90 giorni, una locandina che riporterà il seguente testo: “I prodotti a marchio Carrefour delle linee Classic, Sensation, Extra, Original, Carrefour Bio, Carrefour Veggie, Selection e Simple, oltre che in Italia, sono commercializzate dalla società francese Interdis, facente parte del gruppo Carrefour France, in altri Paesi Europei. In Francia, è stato adottato il sistema di etichettatura nutrizionale volontaria Nutriscore che comporta l’indicazione sulla confezione del relativo logo. Il logo non è invece presente su tutti gli altri prodotti a marchio Carrefour in quanto l’Italia non ha adottato questo sistema di dichiarazione nutrizionale volontaria”. Dopo la spiegazione del sistema di valutazione del semaforo, la locandina si chiuderà con una chiara avvertenza finale: il Nutriscore è stato sviluppato in base ad un algoritmo e a valutazioni scientifiche non universalmente riconosciute e condivise.

L’Antitrust. Yuka e Carrefour, due casi e un punto di vista: informare il consumatore

Non si stratta, ovviamente, di una sconfitta del Nutriscore. E nemmeno di una sua validazione, che non spetterebbe in ogni caso all’Antitrust. Le due sentenze, in parte molto simili, indicano chiaramente la volontà dell’autority: in assenza di norme e di informazioni chiare nei confronti del consumatore, è essenziale non generare confusione. Si legge infatti nella delibera dell’Antitrust: “La ratio del presente intervento istruttorio non è valutare l’opportunità o meno di introdurre un’etichetta fronte-pacco, ma la sua idoneità, allo stato, in assenza di informazioni ad essa correlate, a orientare le scelte di acquisto dei consumatori in materia di nutrizione senza generare fraintendimenti. Ciò al fine di sensibilizzare gli operatori del settore a una maggiore trasparenza circa la natura e il funzionamento dei parametri su cui si basa la valutazione espressa attraverso l’etichettatura volontariamente adottata”. In un altro passaggio, l’Antitrust precisa anche che non è il Nutriscore ad essere necessariamente fonte di fraintendimenti, ma solo il suo utilizzo in assenza di obblighi o campagne informative: “L’idoneità delle misure di carattere informativo a risolvere i profili contestati in avvio si apprezza ove si consideri che l’induzione in errore del consumatore era stata ipotizzata in ragione dell’assenza di informazioni e chiarimenti correlati all’uso di tale bollinatura“. Insomma, più che una vittoria contro il Nutriscore è una vittoria della necessità di chiarezza a vantaggio del consumatore. L’altra conseguenza del provvedimento è piuttosto evidente e non è di poco conto, avendo a che fare con i rapporti fra distribuzione e industria, come ha spiegato anche l’europarlamentare Paolo De Castro: “Nessun gruppo distributivo può imporre ai fornitori un’etichettatura nutrizionale che non sia oggetto di obbligo comunitario”.