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Nuova Zelanda, l’allarme di Assolatte: “Accordo fortemente sbilanciato per il nostro settore”

La Nuova Zelanda, per il lattiero caseario, non è un player come gli altri. Grazie alle sue condizioni ambientali e climatiche, oltre che indirettamente favorita, a suo tempo, dall’introduzione delle quote latte in Europa, è uno dei paesi più importanti del mercato, nonostante le sue dimensioni contenute. Ciò anche grazie alla vocazione all’export dei trasformati, dovuta alla forte eccedenza della produzione rispetto ai consumi interni, e alla presenza del gigante cooperativo Fonterra, che colloca i suoi prodotti su tutti i mercati internazionali. Non a caso, il Global Dairy Trade (Fonterra), punto di riferimento mondiale per i prezzi delle commodity, è la piattaforma di trading lattiero caseario leader, nel mondo. Per tutte queste ragioni, come avevamo scritto già a maggio, l’accordo è fonte di preoccupazione per il settore italiano ed europeo. “Non è una delle intese più attese dalle nostre imprese”, ha spiegato il presidente di Assolatte, Paolo Zanetti (in foto). “Non è un caso che a differenza di altre volte, abbiamo seguito le fasi negoziali con una certa perplessità e forti scetticismi”. I prodotti neozelandesi sono molto competitivi e consentono al Paese di essere un player chiave nel panorama mondiale, con notevoli quote di mercato, soprattutto nei mercati asiatici, spiega Assolatte. La presenza della Nuova Zelanda sui mercati europei, invece, è stata fino ad oggi decisamente marginale ma il testo dell’accordo contiene una graduale riduzione per i dazi su 36mila tonnellate di burro mentre, per i formaggi, è prevista la liberalizzazione, in sette anni, di un nuovo contingente da 25mila tonnellate. “Sia i quantitativi che l’abbattimento dei dazi non possono lasciare indifferente un settore messo a dura prova da tensioni sulla materia prima, da cali di produzione e da prudenza nei consumi”, prosegue Zanetti. “Il nostro auspicio è che si siano ottenuti risultati importanti nel capitolo che riguarda la tutela delle Dop. Nel caso in questione, la tutela delle Indicazioni geografiche non servirà tanto a presidiare il mercato locale, quanto ad impedire che dalla Nuova Zelanda partano verso i mercati emergenti finti formaggi italiani”. In ogni caso, conclude Assolatte, “quello tra Ue e Nuova Zelanda è un accordo cui guardare con prudenza, e per il nostro settore è certamente sbilanciato a favore di Wellington“.

Sull’argomento dell’accesso al mercato lattiero caseario Ue, già nell’estate 2020 la Commissione aveva presentato una prima proposta e, un anno dopo, ne aveva rilasciata una versione modificata per le richieste avanzate da Eda, l’European dairy Association. Il settore lattiero caseario dell’Ue, spiegava però a maggio una nota di Eda, “investe molto nella sua trasformazione verde per rispettare gli impegni del Green Deal, ma deve affrontare sfide senza precedenti a livello di allevamento e trasformazione: gli studi dimostrano che la politica del Green Deal da sola aumenterà il costo della produzione di latte nell’Ue di oltre 30% entro il 2030, rischiando di minare la competitività internazionale del settore lattiero caseario europeo. Abbiamo segnalato le nostre serie preoccupazioni ai responsabili politici, sottolineando il fatto che l’apertura del nostro mercato interno dell’Ue per i prodotti lattiero caseari di paesi terzi ora è irresponsabile“.