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Val d’Aveto, si chiude un’era: i fondatori “non più in azienda”

La notizia arriva via e-mail da Silvio Cella, nel primo pomeriggio di un martedì qualunque. Il titolo è già eloquente: “Saluti e ringraziamenti”. Il testo va subito al punto: “Oggi 13 aprile 2021 è iniziata per noi una nuova vita. Dopo un percorso entusiasmante, ricco di soddisfazioni, di cadute e di ripartenze che ci hanno portato a vedere compiere 30 anni a Caseificio Val d’Aveto, non siamo più in forza lavorativa in Azienda”. La firma, in calce, è di Silvio Cella e Graziella Pastorini, che augurano ogni bene e successo alla Famiglia Sabelli, cui lasciano interamente la guida, e al Caseificio Val d’Aveto. Sabelli, nell’aprile 2018, ha infatti acquisito l’azienda di Rezzoaglio (Ge) nella quale i due fondatori erano rimasti, con quote di minoranza e ruoli operativi, fino ad oggi.

Una vera case history di successo

Ma quella di Val d’Aveto non è una storia come tante. L’avventura comincia trent’anni fa, nel 1991. E prende forma, quasi come un gioco, da un’idea: rilanciare la produzione del formaggio locale, il San Stè, e fare qualcosa per il proprio territorio. Tra le montagne di una valle speciale, con i boschi a far da contorno e il mare laggiù, dove si perde lo sguardo, Graziella Pastorini, farmacista del paese, suo marito, il commercialista Silvio Cella, e Paolo Fontana, decidono di seguire un sogno e provare a riportare in auge quella produzione locale. L’avventura comincia: Graziella è in azienda sette giorni su sette e così Silvio lascia il lavoro da commercialista per seguire i conti del piccolo caseificio. Poche stalle, una produzione artigianale e poi la grande intuizione: realizzare, con la materia prima locale, uno yogurt colato – in un momento nel quale, forse, allo scaffale dello yogurt credevano in pochi fuori dai grandi gruppi che storicamente lo presidiano – simile a quello della tradizione greca ma all’italiana, cioè denso e morbido senza nessuna nota acidula. Poi, senza mai prendere scorciatoie, comincia anche la paziente ricerca di creme, puree e marmellate che possano sposarsi alla perfezione con questo yogurt e arrivino da aziende che condividono lo spirito di Val d’Aveto. Quando si lavora bene, i risultati premiano sempre. E così accade allo yogurt colato di Val d’Aveto il cui successo e le richieste, ad un certo punto, superano di gran lunga la capacità produttiva. Quasi come in una favola, l’azienda diventa sempre più grande, arrivano i premi e le insegne fanno a gara a mettere il prodotto a scaffale, alcune persino con formati ad hoc. Un esempio che, dopo Val D’Aveto seguiranno anche altri, rivitalizzando la gamma degli yogurt proposti al consumatore. Nel 2018, oltre all’ingresso di Sabelli, l’azienda fa un altro passo importante con l’inaugurazione della Casa dello Yogurt, struttura a basso impatto ambientale che permette di aumentare la capacità produttiva dell’azienda. 

Il formaggio San Sté

Ma quali sono i segreti di questa storia di successo? Quanti hanno avuto la fortuna di conoscerli, come è capitato a chi scrive, sanno che il segreto sono stati proprio loro, i fondatori, e quella passione vissuta con tanta serietà e uno spirito leggero, oltre ai ragazzi della valle che hanno lavorato in azienda e al buon latte che nasce fra mare e montagna. 

Oggi, anche grazie a una filiera che coinvolge produttori della Val D’Aveto e della vicina Val Trebbia, l’azienda ha raggiunto numeri importanti: 1.500.000 di litri di latte lavorato, 3.000.000 di vasetti di yogurt colato prodotti e 1.300 forme di San Sté, una distribuzione sempre più estesa dei prodotti e riconoscimenti di assoluto prestigio, tra cui le stelle d’oro dell’International Taste Institute di Bruxelles e il rinomato Crystal Taste Award. Chiusa un’era, spetterà ora a Sabelli aprire una nuova pagina di questa bellissima storia casearia italiana. 

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