Riaperture, Dpcm e “caso Lombardia”: qualcuno salvi l’universo Horeca
“Vi imploriamo, fate presto!”. È neanche di tre giorni fa il grido rivolto dal presidente di Fipe – Confcommercio, Lino Enrico Stoppani, all’esecutivo. Con la crisi di Governo ufficialmente entrata nel vivo, il timore del mondo della ristorazione e, più in generale, dell’intero universo Horeca è quello di nuovi stop, ritardi e, finanche, ulteriori inasprimenti rispetto alle attuali restrizioni. E se la settimana di ordinaria follia legata al Dpcm del 14 gennaio continua a far sentire i suoi strascichi, ora torna in auge il “caso Lombardia”, con una zona rossa che avrebbe dovuto essere arancione e che oggi impedisce il passaggio a quel fatidico giallo, colore capace di dare un minimo di respiro ai protagonisti della ristorazione attualmente aggrappati al debole sostegno del solo delivery.
Il grido d’aiuto dell’Horeca: non c’è più tempo da perdere
Termometro che aiuta a comprendere e misurare l’attuale temperatura all’interno dell’universo dell’Horeca sono le parole, come citato in principio, del numero uno di Fipe – Confcommercio, Lino Enrico Stoppani:
“Non spetta ad una associazione di categoria entrare nel merito di una crisi di governo. Spetta però a chi ha responsabilità nella rappresentanza e vive a stretto contatto con le imprese di questo Paese, evidenziarne i gravi rischi, con scadenze importanti e urgenti, come gli annunciati provvedimenti emergenziali o la messa a punto del documento sul Recovery Plan, e richiamare al senso di responsabilità le forze politiche, con l’invito a fare presto”.
Già, perché come ribadito a più riprese in queste ultime settimane, di tempo da perdere non c’è n’è proprio più:
“Il Paese non può permettersi tatticismi o distrazioni, vista la drammaticità del momento che impone decisioni rapide e contesti stabili. I pubblici esercizi e la ristorazione italiana sono in ginocchio. I danni subiti mettono a repentaglio la tenuta economica dell’intero comparto e il momento drammatico impone il richiamo ai migliori valori del Paese”.
Ora, se il messaggio inviato dall’universo Horeca è “forte e chiaro”, le risposte da parte del Governo latitano o, quando arrivano, sono assolutamente irricevibili.
A ribadirlo è anche Andrea Terraneo, presidente Vinarius. “È un anno oltremodo complesso quello che si è da poco concluso e che ci sta continuando a mettere alla prova”, sottolinea Terraneo. “Vinarius, infatti, continua il proprio impegno a fianco delle enoteche italiane, fortemente penalizzate dal provvedimento contenuto nell’ultimo Dpcm, che vieta la vendita all’asporto di qualsiasi bevanda dopo le ore 18”.
“Dopo la lettera aperta inviata al presidente del Consiglio, che ha suscitato un’interrogazione alla Camera da parte dell’onorevole Dara, ci sarà nei prossimi giorni un’interrogazione anche al Senato da parte del senatore Centinaio volta a portare chiarezza sulla questione dei codici Ateco inseriti nel Dpcm, situazione che sta aumentando le difficoltà del settore e creando discriminazione nella vendita al dettaglio”.
Scoppia il “caso Lombardia”: la zona gialla che non c’è
Quello legato al Dpcm del 14 gennaio non è il solo fronte ancora aperto per il mondo dell’Horeca. Già, perché proprio in queste ore è scoppiato il dibattito attorno al “caso Lombardia”.
Le regole del ministero della Salute stabiliscono infatti che una regione che si trovi in zona arancione ci debba restare finché non abbia dati da zona gialla per due monitoraggi consecutivi. Dunque, sono due le settimane di “buone notizie” nelle rilevazioni del monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità necessarie per “guadagnare” l’agognato colore che consentirebbe al variegato mondo dei pubblici esercizi legati all’Horeca di tornare a servire in persona ai tavoli i propri clienti. Per la Lombardia, dopo il noto caso dei dati “male interpretati” o “rettificati” (a ciascuno decidere che versione prendere per buona), è in discussione come procedere: se considerare la zona rossa che non lo era come arancione e, di conseguenza, decretare la parziale riapertura immediata da lunedì, oppure se attendere ancora una seconda settimana “ufficiale” e rimandare ogni decisione a tra ulteriori sette giorni. Il Governo, riportano tutti i principali siti d’informazione, è orientato per l’opzione del rinvio. E il mondo lombardo della ristorazione, dopo i mancati incassi conseguenza delle chiusure nella settimana “rosso sbiadita”, si ritroverebbero nuovamente danneggiati.
Sulla questione, è chiaro il sentimento dell’intera categoria. Lo esplicita perfettamente un commento di Federico Gordini, presidente di Milano Wine Week e numero uno del gruppo Giovani Imprenditori Confcommercio Lombardia, sull’attuale situazione che non solo danneggia i ristoratori, ma l’intero mondo del vino:
“I ristoratori e i titolari di attività di somministrazione lombardi dovranno subire l’ennesimo danno rimanendo fermi per un’altra settimana, perché il ritardo nell’ingresso nella zona arancione porta – secondo le regole – ad avere la necessità di restare per due settimane nella fascia prima di ambire alla ‘promozione’ in zona gialla”.
“In considerazione del danno subito dalle imprese a causa di un errore di calcolo e della conseguente errata classificazione della nostra regione, ritengo doverosa una deroga di buon senso che consenta, in attesa che si accertino le responsabilità specifiche, una rivalutazione della classificazione basata sui dati aggiornati che consenta a migliaia di aziende di riprendere la propria attività”.
“Non ci si può riferire a normative a comparti stagni soprattutto quando a rimetterci è il settore – insieme a quello degli eventi e delle fiere – più provato dalle restrizioni”.
“Sul pregresso qualcuno dovrà pagare, ma un ennesimo affronto a chi lotta per salvare la propria attività e i propri dipendenti non è assolutamente accettabile. Nella confusione totale di questi giorni pieni di divisioni e rimpalli di responsabilità tra istituzioni sarebbe gravissimo se il Ministero in una fase così delicata privasse, con un provvedimento miope, oltre 250mila persone del diritto di lavorare”.
Considerazioni di buon senso, che attendono una risposta che chissà quando arriverà. Per il momento rimane solo il grido di apertura: “Vi imploriamo, fate presto!”.
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