La beffa del bonus ristoranti 2020: rimborsi solo per gli acquisti di prodotti 100% italiani
Oggi, che alcune regioni sono passate in zona arancione, loro sono ancora chiusi e l’unico business possibile è quello che passa per il delivery o l’asporto. E probabilmente sarà così anche durante le feste di Natale. Stiamo parlando, ovviamente, dei ristoranti e del settore della ristorazione in genere, uno dei più colpiti dai provvedimenti per il contenimento del Covid. Al quale il governo ha indirizzato una serie di provvedimenti per ristorare le perdite, tra cui il bonus ristoranti 2020, con una dotazione pari a 600 milioni di euro. Proprio in questi giorni, la scadenza per richiedere questo contributo è stata prorogata fino al 15 dicembre. Sarebbe una buona notizia se non si trattasse, invece, dell’ennesimo provvedimento di matrice politica più che economica.
Un provvedimento salva made in italy
Sembra davvero non esserci fine alla mala gestione della crisi provocata dalla pandemia nel settore dell’Horeca e del fuori casa. “Ideologico e scollegato dalla realtà”, “non è certo quello che ci serve ora”, “è proprio ideato da chi un ristorante non l’hai mai gestito”: sono alcuni dei tanti commenti negativi che arrivano dagli operatori del settore. Ma cosa c’è di sbagliato nel provvedimento salva ristoranti? Semplice, non aiuta i ristoranti. Il tanto strombazzato fondo, che prevede contributi a fondo perduto per un massimo di 10mila euro, non ha nessun rapporto diretto con la perdita di fatturato e la crisi di liquidità del settore della ristorazione. La norma è stata concepita come un bonus per le produzioni made in italy – infatti arriva dal Mipaaf – e per staccare un assegno, che può andare da 1.000 a 10mila euro, pretende di mettere le mani nella dispensa e nella lista della spesa. Ad essere ristorati, infatti, saranno gli acquisti, effettuati dopo il 14 agosto, di prodotti ottenuti interamente a livello nazionale, dalla materia prima, alla lavorazione fino al prodotto finito. In particolare: prodotti Dop e Igp (ma solo se realizzati con materia prima 100% italiana), prodotti che valorizzano la materia prima del territorio, cioè quelli da vendita diretta, e prodotti ottenuti da filiera nazionale integrale dalla materia prima al prodotto finito, inclusi quelli vitivinicoli, della pesca e dell’acquacoltura. Viene poi introdotto il concetto del contrasto allo spreco con una apposita tabella, nella quale sono inserita in verità ben pochi alimenti davvero deperibili, mentre si possono trovare i legumi in scatola, sempre 100% italiani.
Speck, bresaola e champagne: gli acquisti di serie B secondo il ministero
Per farla breve: la pizzeria del quartiere popolare che compra magari speck Igp, bresaola Igp o mozzarella prodotti in Italia ma con materia prima estera, cercando di contenere i costi o per scelta qualitativa? Niente bonus. E il fatto che paghi le tasse in Italia, che abbia dipendenti che vivono in Italia e che, se non dovesse riaprire, rappresenterebbe una perdita per il quartiere e per il tessuto sociale? Ai sacerdoti della religione della materia prima 100% italiana importa poco. E se il ristorante è specializzato in champagne e ostriche? Mal gliene incolga, così impara ad occuparsi di cucine che non siano il glorioso 100% italiano. Farà fatica a pagare i conti e forse anche a riaprire? Pazienza, compra prodotti ‘sbagliati’ secondo l’ideologia imperante nelle stanze del Mipaaf. Ci sarebbe anche poi da ragionare sulla difficoltà di accertare la provenienza delle materie prime di ogni alimento. E anche sul fatto che dentro ogni cibo, anche le materie prime italiane, ci siano prodotti esteri coinvolti. Prendiamo ad esempio il caso del latte e dei derivati: e gli alimenti di cui si nutre il bestiame (in gran parte non italiani), non contano? Tutte domande che restano senza risposta, insieme alla più importante: arriveranno aiuti veri al settore Horeca? Il ministro Teresa Bellanova ha sottolineato che “questo Fondo è una misura innovativa, che punta ad aiutare ristoratrici e ristoratori, sostenere la filiera agroalimentare, rilanciare gli acquisti di prodotti agroalimentari di qualità e di origine italiana, a partire dai Dop e Igp contrastare eccedenze e spreco”. La speranza è che innovativo, in questo caso, voglia dire che non si ripeterà.
Il business dei ristoranti, intanto, continua a calare
Secondo l’indicatore congiunturale della Confcommercio, ad ottobre i consumi sono scesi dell’8,1% rispetto allo stesso mese del 2019, interessando “in misura più immediata e significativa la filiera del turismo, servizi ricreativi (-73,2%), alberghi (-60%), bar e ristoranti (-38%)”. Cifre che portano l’associazione a prevedere un calo del Pil del 4% per l’ultimo trimestre dell’anno, a meno di un “eccezionale ma improbabile” recupero di dicembre.
La crescita dell’industria alimentare
Si potrebbe obiettare che sia la filiera alimentare ad aver bisogno di sostegno e che questa sia una misura studiata con questo obiettivo. E allora vale la pena scorrere qualche dato, su come stia affrontando questo anno difficile: nei primi sette mesi del 2020, le vendite dell’industria di trasformazione alimentare sono cresciute del +3,3% rispetto al -17,6% degli altri prodotti, sostenendo anche l’attività della grande distribuzione (+4,4% contro un valore delle vendite complessive, nello stesso canale, del -4%) e delle piccole superfici (+3,9). Sul versante export i primi sette mesi evidenziano ancora un risultato cumulato positivo per l’alimentare italiano (+3,5%), con un crollo complessivo di tutte le esportazioni pari al 14%. (dati Nomisma per Centromarca e Ibc). Se guardiamo al solo settore lattiero caseario, i dati diffusi da Assolatte mostrano vendite in aumento dell’11,5%, in Italia, ed esportazioni in crescita del 3% a volume. Gli acquisti di formaggi nella Gdo sono aumentati del 10,5% e la crescita ha riguardato sia i il peso fisso sia il peso variabile. Il trend migliore è stato quello dei formaggi confezionati a peso fisso (+15,2%), di cui i consumatori hanno riconosciuto il vantaggio in termini di velocità e sicurezza della spesa.
I grana Dop chiuderanno il 2020 in netto aumento
E le Dop, così premiate dal provvedimento? Prendiamo ad esempio, per tutti, i grana Dop: per il parmigiano reggiano nei primi nove mesi del 2020 crescono vendite del porzionato (+15,1), quotazioni (+30%) e produzione (+4,86%), mentre il grana padano, da gennaio a ottobre 2020, ha evidenziato un incremento del 4,47% delle vendite dei caseifici.
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