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Lidl Italia lascia Federdistribuzione, in polemica con il negoziato infinito

A lungo corteggiata, Lidl Italia aveva aderito a Federdistribuzione meno di tre anni fa. Per poi lasciarla il 4 aprile 2024 con effetto immediato, come ha annunciato la stessa Lidl Italia, a seguito del “continuo ed eccessivo protrarsi delle negoziazioni per il rinnovo del Ccnl della Distribuzione Moderna Organizzata, scaduto nel 2019”. La decisione, insomma, rivela l’insofferenza dell’insegna tedesca verso una prassi molto italiana, che finisce per coinvolgere i lavoratori in trattative distanti dalle loro necessità.

In una nota infatti Lidl ha sottolineato che “tale decisione è maturata con l’obiettivo di dare risposte concrete e immediate ai propri 22mila dipendenti, che hanno visto in questi anni una progressiva erosione del proprio potere d’acquisto a causa dell’inflazione”. “Da quattro anni i nostri collaboratori – ha osservato il presidente di Lidl Italia, Massimo Silvestri – attendono il rinnovo del Ccnl ed è per noi inaccettabile che le trattative si siano ulteriormente arenate per dinamiche che esulano dai loro bisogni. Il prolungato immobilismo nella trattativa ha introdotto incertezze che intendiamo subito superare per il senso di responsabilità che abbiamo nei confronti delle nostre persone”. L’azienda applicherà il Ccnl già rinnovato da Confcommercio che prevede aumenti salariali e una tantum già definiti.

Ma la vicenda ha senza dubbio risvolti interessanti perché metti in luce una stortura non da poco che caratterizza il nostro Paese, in moltissimi ambiti. Lungaggini, iter spesso poco comprensibili, trattative dove finiscono per incidere vicende del tutto estranee all’oggetto del dibattito, scambi e giochi di potere. Oltretutto l’uscita di Lidl Italia da Federdistribuzione è legata agli stipendi, da sempre afflitto da un’altra spinosa faccenda: quella del sostituto d’imposta. Le tasse che gravano sul lavoro sono altissime e pongono l’Italia in posizione di netto svantaggio in Ue. E spesso, per i lavoratori dipendenti, è persino difficile capire quanto costi il loro posto di lavoro rispetto alla remunerazione in busta paga. Con l’effetto di un Paese dove gli stipendi non crescono ma il lavoro costa sempre di più.