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Beyond Meat in crisi: il consumatore inizia a diffidare delle alternative alle proteine animali?

Perdita di quote di mercato, aumento del debito e calo delle vendite. E’ sempre più crisi per Beyond Meat, il colosso californiano che produce sostituti per la carne e prodotti caseari a base di vegetali, fondato nel 2009 a Los Angeles. L’azienda pioniera del plant based, infatti, ha fatto segnare una crescita negativa delle vendite per il sesto trimestre consecutivo. Ma i problemi non finiscono qui: in attesa di rendere noti gli utili di luglio-settembre 2023, per questo periodo l’azienda prevede un fatturato di 75 milioni di dollari e una contrazione dell’8,9% rispetto allo stesso trimestre del 2023. Sempre su base annuale, i ricavi netti si stimano tra il -19% e il -21%.

Alla luce di queste pessime performance, Beyond Meat ha annunciato un taglio del proprio personale del 19%, per un totale di 65 dipendenti. Già lo scorso anno, l’azienda californiana aveva dovuto licenziare 240 lavoratori, sulla spinta dell’inflazione e della concorrenza. Altre misure che la multinazionale sta per adottare sono l’eliminazione di alcune linee di prodotto, la rimodulazione dei prezzi e la ristrutturazione delle attività in Cina. “Avevamo previsto un modesto ritorno alla crescita nel terzo trimestre del 2023 che non si è verificato”, ha dovuto ammettere in una nota il presidente e amministratore delegato di Beyond Meat Ethan Brown.

Ma quali sono le cause della crisi di Beyond Meat? Prima di tutto va evidenziato che non si tratta di un fenomeno isolato: negli Usa si assiste, in generale, ad crollo verticale della domanda di prodotti “veg” negli Usa. Secondo la società di ricerche di mercato Circana, nei primi nove mesi 2023 le vendite al dettaglio in dollari di alternative alla carne fresca, come salsicce e hamburger, sono diminuite del 21,5%. Le vendite di carne vegetale congelata sono calate del 6%.

Secondo Brown, le vendite sono state danneggiate dall’elevata inflazione, che ha spinto i consumatori a riposizionarsi sull’acquisto delle più economiche carni naturali. Ma probabilmente c’è di più ed è una buona notizia per i produttori di proteine animali. Sul fenomeno infatti starebbe anche incidendo la percezione del consumatore di aver a che fare con alimenti troppo processati e meno salutari di quanto non si racconti. Beyond Meat paga dunque il conto di una certa diffidenza verso il mercato plant based sul fronte dei nutrienti, della salubrità dei prodotti e dell’etichetta molto lunga, indice chiaro anche per il consumatore di un alimento ultra processato, ben diverso dai naturali prodotti a base animale come il formaggio, la cui etichetta recita sempre e solo: latte, sale, caglio. In Europa, e ancora di più in Italia, terzo paese Ue per consumi di alimenti plant based, le cose oggi non vanno così. Ma normalmente ciò che accade negli Stati Uniti arriva poi a investire anche il mercato europeo, esattamente come accaduto per il plant based. Che il trend abbia imboccato una parabola discendente, almeno per i prodotti che conosciamo oggi?