Il Cacio Romano vince la battaglia contro il Pecorino Romano Dop. Il Consorzio: “Buttati via anni di lavoro”
Finisce con una sentenza della Cassazione la battaglia fra il ‘Consorzio per la tutela del Formaggio Pecorino Romano Dop’, prodotto quasi interamente con latte sardo, e il Caseificio Boccea, azienda laziale che produce il ‘Cacio Romano’. Secondo i giudici, il prodotto di Boccea può continuare ad essere commercializzato con questo nome in quanto, sebbene i due formaggi si fregino della stessa ‘qualifica’, cioè ‘romano’, non possono essere confusi, come invece sostenuto dal Consorzio, per totale assenza di “similitudine fonetica” e per la ‘radicale diversità dei prodotti’. Inoltre, il ‘Cacio Romano’, dice la Suprema Corte, è stato registrato nel 1991 mentre la Dop del ‘Pecorino Romano’ è stata riconosciuta dalla Commissione europea cinque anni dopo, nel 1996.
Sono queste le ragioni che hanno indotto i giudici a respingere il ricorso del ‘Consorzio del Pecorino Romano, sostenuto dai produttori di latte ovino sardo, contro la ‘Formaggi Boccea’ che produce il ‘Cacio Romano’, supportata dalla Regione Lazio e dalla Coldiretti del Lazio. Con il verdetto 7937, la Cassazione ha confermato quanto stabilito dalla Corte di Appello di Roma che, nell’ agosto 2018, ribaltò il primo grado che aveva inibito l’uso del marchio ‘Cacio Romano’. Una guerra senza esclusione di colpi che ha portato anche al sequestro delle forme del caseificio Boccea. Secondo la Coldiretti Lazio, questa sentenza dovrebbe rappresentare un’apertura al riconoscimento del marchio Dop per il cacio romano.
L’appello del Consorzio del Pecorino Romano e di Origin alla politica: “Emanare norme adeguate e precise contro le evocazioni dei prodotti Dop e Igp”
“Una decisione che ovviamente ci lascia molto amareggiati. Si vanificano così tutte le attività dedicate a spiegare al mondo il valore delle nostre eccellenze e il loro impatto sulle filiere, con una sentenza frettolosa che butta via anni di sacrifici e di duro lavoro”, dichiara Gianni Maoddi, presidente del Consorzio di tutela del Pecorino Romano. “La politica non può interessarsi soltanto a quello che succede fuori dai confini nazionali, ma deve apprendere che i problemi seri di evocazione avvengono in casa nostra e pertanto non può girarsi dall’altra parte e ignorare quanto avviene”.
“I problemi sulla difesa delle denominazioni ad Indicazione Geografica riguardano anche casa nostra, come dimostra la sentenza della Cassazione sul Pecorino Romano Dop”, commenta Cesare Baldrighi, presidente di Origin Italia . “Tanto più grave se pensiamo alla battaglia legale europea ancora in corso sul Prozek e sull’aceto balsamico della Slovenia. Come se non bastasse, mentre è in fase di approvazione il nuovo quadro normativo comunitario sulle Indicazioni Geografiche, che sta vedendo il nostro Paese e la nostra Organizzazione battersi per una più incisiva tutela verso le emulazioni. Origin fa un appello quanto mai urgente, visto il gravissimo fatto accaduto, alla politica affinché emani norme adeguate e precise contro le evocazioni dei prodotti Dop e Igp che non consentano più interpretazioni così dannose per il sistema food di qualità nazionale da parte dei tribunali italiani”.
Che caratteristiche hanno i due formaggi in guerra?
La sentenza della Corte d’Appello di Roma, nel 2019, ha definito anche le differenze tra i due prodotti caseari. Secondo il documento, il pecorino romano è un “formaggio aromatico e piccante, stagionato (a pasta dura o cotta), impiegato essenzialmente come formaggio di grattugia, prodotto con latte di pecora”. Il cacio romano, invece, è un “formaggio dolce, semistagionato, che richiama la caciotta a pasta molle di latte anche vaccino che non si può grattugiare ed è quindi impiegato solo come formaggio da tavola”.