Storie di stagionatura: le guerre
Un forte legame unisce i formaggi, la guerra e gli avvenimenti bellici lungo i secoli. Nel romanzo di Jaroslav Hašek, il buon soldato Sc’vèik, durante il viaggio in Ungheria, fa razzia di una gallina che trova lungo la strada per mangiarla insieme ai suoi commilitoni, facendo ovviamente infuriare il contadino proprietario dell’animale, che lo insegue reclamando il maltolto. La storia ha un lieto fine: il suo tenente esasperato pagherà la gallina che Sc’vèik potrà così mangiare insieme ai compagni. Questo episodio del celebre romanzo svela, svela, a modo suo, un fatto innegabile: c’è un rapporto incredibilmente stretto fra guerre e alimentazione. Duranti qualsiasi conflitto, il cibo diventa un problema principale, oltre che un elemento strategico, e allo stesso tempo le guerre, nei secoli, hanno cambiato la storia e i destini dei prodotti alimentari. Ci sono anche straordinarie ricette nate dalla guerra, frutto della fantasia e della necessità di alimentarsi con pochissimi ingredienti, sia per varietà sia per quantità. Ed ecco così le zuppe povere, dove per fare il brodo veniva buono tutto, anche i sassi, la cipollata, la pasta e fagioli o la maionese senza olio, il caffè senza caffè e così via.
La stagionatura dei formaggi nei luoghi e nei tempi della guerra
Per i formaggi questo è forse ancora più vero. In Italia la loro lunga storia si intreccia strettamente a quella dei conflitti, poiché le vaste campagne, così come le vallate dell’arco alpino, fino ai passi più impervi, sono state teatro di incursioni e ritirate, anche fra le più ricordate. E’ così per quella di Caporetto che, si dice, abbia portato alla tradizione di conservare i formaggi nel vino. Pare che i contadini della zona del Piave, nella provincia di Treviso, in Veneto, per nascondere ai soldati austro ungarici in fuga il formaggio, alimento prezioso grazie alla sua facilità di conservazione, li affogassero nelle vinacce, considerate un materiale di nessun pregio e inutile, quindi non controllate in modo particolare dalle truppe di passaggio. Meglio avere un formaggio magari cattivo ma nutriente, che mescolato ad altri ingredienti avrebbe fornito le proteine necessarie per sopravvivere, che rischiare di restare senza nulla da mangiare. Ma ecco che, una volta ripulite le forme e scoperta quella crosta di color viola intenso, arriva la vera sorpresa: il gusto è caratteristico e buono e questo prodotto resta nella tradizione. Lo stesso accade ai formaggi nascosti sotto la paglia oppure al pecorino di fossa, un formaggio sotterrato in grotte di tufo o in buche scavate nella roccia, per salvarlo dalle razzie, dagli assedi e dalle tasse, e per conservarlo per i periodi di carestia. Nei mesi in cui restava infossato, il formaggio fermentava fino ad assumere un gusto piccante e inconfondibile. Anche in quel caso il risultato fu una sorpresa e il formaggio è ancora oggi infossato fra Umbria, Marche e Toscana. Ma anche risalendo più indietro, sono, per esempio, anche gli scontri sulle pianure a spingere i pastori verso gli Appennini, dove daranno vita a un’intensa attività di pastorizia a cui si devono alcuni superbi formaggi, come i pecorini, realizzati con latte crudo e fatti stagionare massaggiando le forme con olio d’oliva. Lo stesso vale per i formaggi tipici dell’arco alpino e prealpino. In questo caso, è la cacciata dei celti, che conoscevano l’arte di far rapprendere e conservare il latte utilizzando il caglio, dalla Pianura Padana, ad opera dei Romani, a portare in queste zone la tradizione di far pascolare gli animali nei mesi estivi per fare i formaggi. Ed è stato un effetto della Prima Guerra Mondiale, che fece dell’Altopiano di Asiago, in Veneto, la linea del fronte e il teatro di eventi bellici fra i più drammatici, quello di estendere la produzione anche alla zona pedemontana e alla pianura, facendo conoscere questo meraviglioso formaggio a tutta Italia e, in seguito, nel mondo. E questi, in realtà, sono solo alcuni esempi fra le mille storie che si potrebbero raccontare in proposito.
Una tradizione che si è sviluppata nel tempo
Oggi resta la ricchezza di una produzione: qualsiasi formaggio, nel corso della sua storia, avrà incontrato una battaglia che ne ha cambiato la storia. Quasi sempre, come abbiamo visto, facendo nascere per fortuna qualcosa di nuovo. Oggi anche i luoghi della guerra sono legati ai formaggi. Capita, talvolta, che magazzini, fortini e costruzioni belliche in generale, vengano dedicati alla stagionatura dei formaggi. Spesso si tratta di posti ideali, per temperatura, umidità e ventilazione. Come nel caso, ad esempio, del bellissimo fortino di Valgrisenche, in Val d’Aosta, dove si stagiona la fontina. Scavato nella roccia, questo magazzino, a 1.865 metri d’altezza, è stato ricavato dall’antica polveriera di un fortino militare della Rivoluzione francese.