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Sostenibilità nel lattiero caseario: facciamo chiarezza

Quella della sostenibilità è, prima ancora che di sostanza, una storia di parole, slogan, ideologie, strategie commerciali, capitali. C’è una sempre più consistente fetta di mondo politico ed economico che punta a far diventare la sostenibilità anche un’arma contro il mondo delle proteine di derivazione animale. Con campagne, anche della Ue (vedi Farm to Fork), che, finiscono per associare il concetto di sostenibilità a un’immagine bucolica del mondo agricolo, dove Heidi assurge a modello assoluto.

Da ciò derivano, ovviamente, messaggi che individuano nella produzione di latte e derivati attività da normare in modo sempre più stringente, limitare, addirittura eliminare. Alla base di queste vere e proprie fake news vi sono calcoli errati, che non tengono conto di due fondamentali aspetti: il valore nutrizionale degli alimenti, che ha un rapporto diretto con la sostenibilità, e la capacità unica dell’attività agricola di catturare la Co2. C’è poi la faccenda del benessere animale che, anche in questo caso, è affrontata spesso da posizioni ideologiche, lontane dalle soluzioni che si applicano o si potrebbero applicare. La filiera, sotto questo profilo, si è messa senza dubbio in movimento, negli ultimi tempi. E deve fare tanta strada.

Ma la questione sostenibilità, nel lattiero caseario, ha molte facce e non si esaurisce con le attività zootecniche. La cura e la sopravvivenza di territori è sostenibilità, lo sono il miglioramento delle caratteristiche e dei sistemi produttivi, così come il recupero di strutture e l’innovazione delle tradizioni, i packaging a basso impatto, l’aumento dell’occupazione, le scelte energetiche, i cagli vegetali o microbici, l’utilizzo degli Ogm e il piccolo alpeggio sperduto sul limitare di una piccola valle alpina. E allora vale la pena, senza la pretesa di esaurire un argomento vastissimo che tocca ogni dettaglio della vita del formaggio che portiamo in tavola, provare a riportare un po’ di ordine fra parole e fatti, tra cose vere e cose che non lo sono. Perché coniugare sostenibilità e sicurezza con formaggi e latticini buoni e nutrienti non solo è possibile, ma già accade.

Pillole di sostenibilità

Tutti la cercano. Nessuno la vuole pagare
La sostenibilità è una faccenda da affrontare con la massima urgenza per evitare di finire ai margini della comunicazione, dei provvedimenti governativi, del mercato. La pressione oggi è soprattutto su governi e istituzioni ma ad essere molto attenti sono sempre di più anche i consumatori. La ‘green revolution’ però ha un prezzo, anche se la sostenibilità sembra diventata un pre-requisito da non remunerare. La filiera oggi è chiamata a immaginare soluzioni capaci di soddisfare tutti e tre i pilastri della sostenibilità. Ma anche quello della comunicazione è un passaggio fondamentale: nessuno si aspetta che l’auto elettrica costi come quella tradizionale. Anche col cibo non dovrebbe essere differente. E non potrà esserlo.

L’impatto dell’agricoltura è sovrastimato del 50%
Gli impatti ambientali dell’agricoltura sono sovrastimati per un difetto di metodologie di calcolo, che non tengono conto del sequestro della CO2. Secondo alcune stime, l’eccesso della stima delle emissioni totali è del 50-60%. Lo stesso vale per i calcoli della waterfootprint, che considerano il concetto di ciclo idrico. Su questo tema è impegnata anche la Federazione mondiale del latte che sta contribuendo alla revisione in atto dei metodi attuali, in particolare, del life cycle assesment (Lca). In Europa, l’intero settore zootecnico è responsabile solo del 7,2% delle emissioni di gas serra, mentre la media mondiale è del 14,5%.

Gli allevamenti non sottraggono terreno
In Europa il terreno destinato all’allevamento e al pascolo è rimasto pressoché́ costante negli ultimi
60 anni, mentre la popolazione è cresciuta di oltre 125 milioni di persone e la vita media si è allungata di 10 anni, arrivando quasi a 80. Gli animali allevati, inoltre, trasformano residui colturali non edibili dall’uomo in proteine ad alto valore biologico.

La tecnologia ci rende più sostenibili
Nuovi processi e nuove tecnologie sono la strada maestra da percorrere per contribuire all’aumento della sostenibilità nella filiera lattiero casearia. Ottimizzare luoghi di produzione e stagionatura, ad esempio, consente di ottenere un prodotto migliore con costi contenuti e un ridotto impatto ambientale. Così come l’utilizzo dell’agricoltura di precisione, le doppie colture, l’intensificazione sostenibile, gli Ogm e gli Nbt: è necessaria una maggiore flessibilità verso le nuove tecnologie e i metodi di produzione innovativi che possono aiutare a costruire un sistema alimentare sostenibile.

Il cibo è un bene primario
Il cibo è un bisogno primario e come tale va riconosciuto. La priorità, a livello globale, deve essere quella della sicurezza alimentare e nutrizionale. La pandemia prima e la guerra poi hanno mostrato con evidenza quanto questo sia ancora il punto principale su cui lavorare e la nostra maggior vulnerabilità.

Animali, quale benessere?
Si può fare molto per migliorare il benessere animale. Ma partendo da una corretta e realistica valutazione: cosa è necessario fare davvero per il benessere animale nelle diverse situazioni?
L’allevamento sostenibile richiede poi la combinazione efficace di fattori produttivi e la scelta di territori che offrono le migliori condizioni ambientali e climatiche.

Pascolo sì, pascolo no
Il consumatore, bombardato da immagini bucoliche e animali che scorrazzano ai piedi di ridenti montagne, le vorrebbe tutte al pascolo, le bovine da latte. Le grandi cooperative del Nord Europa, dove i terreni non mancano, riconoscono un premio legato ad un numero minimo di giornate trascorse nei pascoli all’aria aperta. Ciò che probabilmente ben pochi sanno è che, a queste vacche, molto spesso, di uscire all’aperto proprio non va, anzi. E così, è facile vedere scene piuttosto comiche di allevatori che incitano gli animali ad abbandonare le comode stalle per una passeggiata, magari sotto la tipica pioggerellina del nord Europa, pur di non perdere il contributo.

La sostenibilità è un movimento continuo
Una vera transizione può avvenire solo se gli attori sul campo riescono a trovare un posto e un ritmo ragionevoli nel cambiamento continuo, poiché la sostenibilità non è uno status ma un incessante miglioramento. Assicurare ai protagonisti del settore alimentare cambiamenti realizzabili, accessibili e competitivi è la base della sostenibilità.

L’origine è un’altra cosa
Le filiere corte sono una delle tante strade della sostenibilità, soprattutto dove ciò sia fattibile ed esista la domanda. Ma è chiaro che questo modello non è in grado di sfamare oltre 7 miliardi di persone nel mondo ogni quattro ore circa. E non è detto, inoltre, che si tratti sempre dell’opzione più sostenibile.