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I nuovi ministeri e l’agroalimentare. Che resta sempre più solo

Oltre al rimpasto di ministri e sottosegretari, con new entry e riconferme, il nuovo governo ha dato il via ad una riorganizzazione di dicasteri, portafogli e competenze di alcuni ministeri. La faccenda, lungi dall’essere solo politica, coinvolge direttamente anche il settore agroalimentare. Vediamo perché.

Il ridimensionamento del Mise

Le modifiche più sostanziali riguardano molte competenze in carico, fino ad oggi, al Mise, cioè il ministero di riferimento per le aziende della trasformazione, almeno per ciò che concerne l’attività in Italia. Se il settore agricolo ha nel Mipaaf il suo interlocutore, l’industria di trasformazione, infatti, lo ha sempre avuto nel Mise. Oggi, però, il ‘nuovo’ ministero dell’ambiente, diventato della ‘transizione ecologica’, svuota di fatto alcuni poteri (e anche un po’ di portafoglio) del dicastero guidato da Giancarlo Giorgetti. In ballo ci sono molte questioni che saranno sempre più rilevanti, in futuro: i temi legati all’ambiente, le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, il risparmio ambientale e la promozione di politiche di sviluppo durevole e sostenibile, nazionali e anche internazionali. In parole povere, questo si traduce nell’ennesimo interlocutore per uno dei settori più importanti della nostra economia, cioè il food & beverage, quello che di fatto ha trainato il 2020 in Italia e all’estero, consentendo alla nostra economia di registrare persino qualche segno più.

Patuanelli da Coldiretti sposa la linea delle riaperture

Patuanelli, ancora con gli scatoloni del trasloco dal Mise al Mipaaf da sistemare, ha già presenziato, in streaming, al consiglio nazionale di Coldiretti, il 23 febbraio. Dove – proprio lui, l’uomo che ha chiuso le enoteche per un marciapiede – ha parlato della necessità di riaprire i ristoranti, con una capriola degna di miglior palcoscenico: “Dobbiamo trovare i protocolli per garantire la sicurezza delle persone e la salute dei cittadini ma avere la possibilità di far ripartire il settore della ristorazione”. Aggiungendo anche, in tema di ristori, che “il settore Horeca, in grandissima sofferenza durante la pandemia, ha prodotto una grandissima una sofferenza di molte parti del settore agroalimentare. E questo non può non essere preso in considerazione andando a utilizzare innanzitutto una parte dello scostamento di 32 miliardi, fatto a gennaio, per istituire un fondo perequativo e indennizzare rispetto all’effettivo danno. Superando i codici Ateco, che è stato uno strumento utile e probabilmente l’unico a disposizione, ma valutando il danno effettivo azienda per azienda”. In questo quadro, con tanti interlocutori che è come dire nessuno, giunge come buona novella la nomina dei sottosegretari, salutata da molti con un pragmatico: “meno male, due che ci capiscono qualcosa di agricoltura e alimentare”.