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La rivincita della Rustichella

Tra i ristoratori che hanno aderito alla manifestazione di protesta #ioapro del 15 gennaio, erano in molti a parlarne. Ma per scoprirlo basta imboccare una qualsiasi autostrada (muniti di circostanziate ragioni lavorative) o anche solo la tangenziale di una città. Là, dove le luci scaldano il grigio e monotono nastro su cui stiamo viaggiando si può ancora vederle, un po’ come nei film pre covid, attraverso le grandi vetrate: sono le persone che mangiano sedute insieme ad un tavolo. Perché c’è un posto, in Italia, dove il caffè si beve ancora al bancone del bar addentando una brioche, al caldo, e dove ci si può sedere in quattro e consumare un pasto tutti insieme: le aree di servizio, quelli che noi un po’ datati, familiarmente, chiamiamo tutte autogrill. L’effetto è a dir poco straniante, più che nella nostra macchina ci sembra di viaggiare su quella di Ritorno al Futuro. Non solo si può consumare al bancone ma ritroviamo persino le code alla cassa, che in un attimo diventano piccoli assembramenti, e i tavoli occupati da gruppi di clienti. Se non fosse per le mascherine, quasi ci si dimenticherebbe del Covid. 

Gli addetti delle aree di sosta: “In molti si danno appuntamento qui per cenare o per bere qualcosa insieme”

C’è un posto, in Italia, dove il caffè si beve ancora al bancone del bar addentando una brioche, al caldo, e dove ci si può sedere in quattro e consumare un pasto tutti insieme: le aree di servizio lungo le autostrade

E i controlli? La situazione pare essere un po’ a macchia di leopardo. Viaggiando verso Venezia, parliamo con qualche addetto delle aree di servizio. Una gentile signora, un po’ agitata, ci spiega che la situazione è davvero difficile: i controlli sono passati due volte in una sola giornata ma gli avventori non ne vogliono sapere di aspettare, ad esempio, che lei igienizzi il tavolo prima di sedersi. E siccome il flusso non è certo quello dei bei tempi andati, i turni sono spesso solitari, con tutte le difficoltà che ne conseguono. “Alla fine, io mi trovo in mezzo: da una parte i clienti che hanno fretta, e ci sono anche quelli che si arrabbiano per tutte le precauzioni, e dall’altra la pattuglia della stradale che viene a verificare il rispetto delle norme anti Covid. Il risultato è che sono sempre in tensione. E va avanti da mesi, ormai”. Facciamo qualche decina di chilometri e la situazione cambia radicalmente: l’area di servizio è piena e c’è anche la coda per pagare il caffè. Mentre attendiamo, arriva una volante della polizia. Immagino che accadrà qualcosa e invece entrano e, per ingannare l’attesa, scambiano quattro chiacchiere con il cassiere sul pienone che c’è quel giorno. “In molti si danno appuntamento qui per cenare. Magari per un compleanno o semplicemente per bere qualcosa insieme. I clienti sono di meno, ma ci sono. E non tutti sono davvero in viaggio”, ci raccontano mentre beviamo il caffè. Ma c’è anche un’altra nuova tipologia di avventori, ovvero tutti quelli che l’autostrada non dovrebbero prenderla, per lavoro, ma si sono stufati di mangiare al freddo o seduti in auto. “Ci sono un sacco di clienti che vengono qui semplicemente perché possono mangiare un panino al caldo. Arrivano tutti i giorni, ormai. Siamo noi adesso il loro ‘solito bar’”. Anche l’area mercato è sempre la stessa: tutto si può vendere, tutto si può comprare. In nessun momento si trovano reparti chiusi o prodotti non acquistabili, giorno e notte. Una libertà che diventa quasi vertigine, tanto è lontana dalla realtà alla quale siamo orami purtroppo abituati. E se, da una parte, è chiaro che le aree di sosta siano un servizio pubblico, dall’altra è davvero difficile capire una tanto evidente sperequazione: ristoranti e bar, che si sono attrezzati secondo le norme e possono garantire il rispetto delle distanze e i controlli, sono drammaticamente vuoti da mesi, in certe zone, mentre in autostrada, invece, tutto (o quasi) è permesso.  

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