SuperMercato

Carrefour compra Bio c’Bon. Ma è davvero tutto oro ciò che luccica nel biologico?

La notizia non è inattesa: da tempo Carrefour era in caccia di un operatore specializzato nel settore bio da acquistare, per spingere sempre di più su questa nicchia in costante crescita già molto presenti nei suoi supermercati. Negli anni scorsi, sono sempre state molte le voci che si rincorrevano sull’interesse del retailer francese per la rete Natura Sì. Alla fine, l’insegna coglie l’occasione che gli è offerta dal mercato e si aggiudica invece Bio C’Bon, catena specializzata fondata nel 2008 e vicina al fallimento, a causa di un indebitamento di oltre 200 milioni. In Francia la catena conta 107 negozi, ma è presente anche in Spagna, Belgio, Portogallo e Italia, con i suoi 16 punti vendita di Milano. L’operazione, costata 60 milioni di euro, prevede il mantenimento di più di mille posti di lavoro, la quasi totalità degli attuali dipendenti di Bio C’Bon, ed è stata annunciata, su twitter, dal direttore generale di Carrefour, Alexandre Bompard. Carrefour, oggi il principale rivenditore di biologico in Francia, punta a 5 miliardi di euro di vendite di bio entro il 2022, rispetto ai 2,3 miliardi di euro del 2019.

Cosa raccontano i dati sulla crescita del bio

Ma ciò che il consumatore cerca è proprio il bio? O non è forse il tema della sostenibilità e dell’impatto ambientale a guidare le sue scelte?

Dopo il lockdown, i dati diffusi da diversi istituti di ricerca, italiani come esteri, mostrano crescite importanti per i prodotti biologici e una sempre maggiore ricerca, da parte dei consumatori, di rassicurazioni circa la bontà degli alimenti acquistati, per la salute e per l’ambiente. Un trend cominciato già da diversi anni ma che durante e, in parte, a causa della pandemia, appare molto rafforzato. Ma ciò che il consumatore cerca è proprio il bio? O non è forse il tema della sostenibilità e dell’impatto ambientale a guidare le sue scelte? I dati diffusi a settembre dall’Osservatorio Immagino, realizzato da GS1 Italy in collaborazione con Nielsen, che monitora le etichette degli alimenti venduti nella grande distribuzione, mostra una crescita generale dei claim green negli ultimi 12 mesi. Sul podio, per l’incremento del sell-out, vi sono quelli “meno plastica” (+21,0%) e “biodegradabile” (+11,7%). Gli altri claim che hanno registrato importanti crescite delle vendite sono stati: “Co2” (+19,1%) e “riduzione impatto ambientale”(+13,5%). Stabile, invece, il sell-out dei prodotti dotati della certificazione Sustainable cleaning (+0,4%). Seguono le indicazioni relative ai metodi agricoli o di allevamento sostenibili, come “biologico”, “senza OGM”, “100% ingredienti naturali”, “senza antibiotici”, “filiera/tracciabilità”.

Un interessante articolo di Leo Bertozzi su Teseo affronta proprio questa tema, declinato sul mercato Usa. Scrive Bertozzi: “Da quanto emerso nello studio Organic and Beyond 2020 condotto da Hartman Group, questo successo (del biologico, ndr) non deve però essere interpretato come un riferimento assoluto, dato che fra i consumatori più consapevoli sta emergendo una richiesta in merito alle garanzie dei metodi di coltivazione, allevamento, trasformazioneche va oltre il biologico. Si tratta di aspetti quali benessere animale, condizioni di lavoro e tutele sociali, salute dei suoli, aspetti che il biologico considera, ma che i consumatori ritengono sempre più rilevanti, nell’ottica di produzioni sostenibili, di mantenimento della biodiversità e di contrasto al cambiamento climatico”. Il pezzo, da leggere con attenzione, si può riassumere come un’indicazione, che vale per Carrefour e la sua nuova avventura, per gli altri retailer e per i produttori: “I consumatori chiedono di più“.

Alla ricerca della sostenibilità

Al di là delle singole percentuali, questi numeri mostrano in modo chiaro che ciò di cui il consumatore è alla ricerca è un prodotto sostenibile, sul piano della produzione e dell’impatto ambientale. Non a caso, molte insegne del retail stanno puntando in modo deciso in questa direzione, con iniziative e comunicazioni mirate. E’ il caso, ad esempio, di Esselunga, che di recente ha pubblicato il proprio bilancio sociale o della campagna Coop contro le plastiche disperse in fiumi, laghi e mari o, ancora, dell’app Too Good To Go di Vegè, che consente di comprare a fine giornata i prodotti freschi rimasti invenduti, a prezzi scontati. Un interessante articolo di Leo Bertozzi su Teseo affronta proprio questo tema, declinato sul mercato Usa. Scrive Bertozzi: “Da quanto emerso nello studio Organic and Beyond 2020 condotto da Hartman Group, questo successo (del biologico, ndr) non deve però essere interpretato come un riferimento assoluto, dato che fra i consumatori più consapevoli sta emergendo una richiesta in merito alle garanzie dei metodi di coltivazione, allevamento, trasformazioneche va oltre il biologico. Si tratta di aspetti quali benessere animale, condizioni di lavoro e tutele sociali, salute dei suoli, aspetti che il biologico considera, ma che i consumatori ritengono sempre più rilevanti, nell’ottica di produzioni sostenibili, di mantenimento della biodiversità e di contrasto al cambiamento climatico”. Il pezzo, da leggere con attenzione, si può riassumere come un’indicazione, che vale per Carrefour e la sua nuova avventura, per gli altri retailer e per i produttori: “I consumatori chiedono di più“.

2 thoughts on “Carrefour compra Bio c’Bon. Ma è davvero tutto oro ciò che luccica nel biologico?

Comments are closed.