Parmigiano Reggiano
trasformazione & dintorni

Parmigiano Reggiano, il microchip che fa discutere

Qualche settimana fa il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha diffuso la notizia dell’inserimento di microchip edibili, delle dimensioni di un granello di sale, in 100mila forme della Dop per garantire l’originalità di ciascuna grazie alla blockchain. L’innovativa placca di caseina digitale per rendere ancora più tracciabile il Parmigiano Reggiano Dop è stata presentata al pubblico statunitense dal Consorzio in collaborazione con Kaasmerk Matec e p-Chip Corporation, al Javitis Center di New York, durante il Summer Fancy Food Festival.

Il microchip presentato a New York

Il chip, un micro-transponder P-Chip più piccolo di un grano di sale ed altamente resistente, è integrato nell’etichetta di caseina ed è già in uso in 10 caseifici, con l’obiettivo di definire se la nuova tecnologia può essere estesa all’intera Dop. “Il risultato”, spiega il Consorzio, “è una forma di Parmigiano Reggiano digitalizzata che consentirà di tracciare la filiera, dall’alimentazione delle mucche, al latte, alla produzione, al processo di stagionatura e a tutti gli altri passaggi necessari sino all’ispezione qualitativa finale. Senza alcun danneggiamento del prodotto, le forme possono ora raccontare, dall’inizio alla fine, la propria unica storia di prodotto e provenienza”. A chi, fin dalle prime ore, ha espresso preoccupazioni circa la possibilità di seguire a distanza le persone che dovessero ingerire il chip, Bill Eibon, ideatore dell’americana p-Chip, ha risposto che la lettura è possibile soltanto a brevissima distanza dal chip stesso ed è impossibile dopo l’ingestione. Eppure la notizia sta facendo molto discutere. Sarà perché la parola microchip evoca scenari che paiono lontani dal Parmigiano Reggiano, sarà perché tanta, forse troppa tecnologia agli occhi del consumatore, sta investendo un’azione tanto essenziale quanto piacevole come il mangiare, o sarà perché un chip è molto lontano dall’immagine di naturalità che il Parmigiano ha costruito negli anni, ma anche nei commenti sul nostro sito abbiamo avuto riprova del fatto che il microchip, per alcuni consumatori, è qualcosa da guardare con molto sospetto. Fra pagine e gruppi si leggono le perplessità: “Non solo carne sintetica o farine di grilli, ma nano-tecnologia ingeribile: un’eccellenza dell’enogastronomia italiana diventa digitale!”. E ancora: “Un lettore portatile può prelevare i dati dai chip, che costano pochi centesimi l’uno e sono simili a quelli che alcune persone hanno inserito sotto la pelle dei loro animali domestici”; “Parmigiano Reggiano più il microchip! Meglio lasciar perdere!”.

Certo, è nella storia dell’innovazione generare timori ma è anche vero che il consumatore oggi è bombardato di allarmi su cosa mangia e come lo mangia, che non riguardano più solo la propria salute ma anche quella del pianeta, ed è continuamente raggiunto da notizie anche allarmistiche sui nuovi cibi sintetici, sugli ‘alimenti frankenstein’, su oscuri laboratori dove si starebbe maneggiando per toglierci il gusto del cibo come lo abbiamo sempre conosciuto. Diventa quindi logico pensare che vedere accostato un formaggio che richiama alla mente immagini di prati, caldaie di rame, casari avvolti nella nebbia del primo mattino e montagne con il microchip sia per alcuni quasi un tradimento. Una vicenda che dimostra ancora una volta come la tecnologia, indispensabile nell’agroindustria, sia una materia difficile da raccontare.

One thought on “Parmigiano Reggiano, il microchip che fa discutere

  1. Non e questo. Sono i ultimi anni che la gente e continuamente molestata con la voglia di penetrare nel suo corpo a tutti i costi con cose spacciate per voler farle del bene. E come quando butti fuori uno dalla porta, ma lui ti rientra dalla finestra. Che se lo mangiano loro. Ho cambiato il formaggio staggionato che consumo, appena ho sentito questa notizia orrenda.

Comments are closed.