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Bielorussia: stop ai formaggi italiani dal 1° gennaio 2022

Ancora blocchi per i formaggi italiani. A seguito delle recenti tensioni politiche, la Bielorussia ha comunicato il blocco delle importazioni di prodotti lattiero caseari dall’Ue e da altri stati extra Ue cioè Usa, Canada, Regno Unito e Norvegia. Il blocco prenderà il via il 1° gennaio 2022 e riguarderà latte, formaggi e latticini, con la sola esclusione dei prodotti delattosati.

Un altro embargo che si aggiunge a quello attivo in Russia dal 2014, come ritorsione alla decisione dell’Unione Europea di applicare sanzioni per la guerra in Ucraina, che impedisce l’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne, salumi e pesce, costato circa un miliardo di euro all’export agroalimentare italiano. Un blocco che, tra l’altro, colpisce i formaggi italiani in un momento d’oro per l’export in Bielorussia, proprio anche a causa dello stop imposto dalla Russia. Negli ultimi cinque anni, infatti, l’export lattiero caseario italiano in Bielorussia è cresciuto, in volume, del 164%, con oltre 181 tonnellate esportate nel 2020, e ancora del 66,5% nei primi 7 mesi di quest’anno. “Si chiude così un altro mercato promettente per le imprese casearie italiane – sottolinea in una nota Assolatte – che scontano ancora i danni causati dall’embargo russo iniziato nel 2014 e del quale non si intravede la fine”. 

La contromossa della commissione: un regolamento per imporre dazi e sanzioni

Proprio in questi giorni, la commissione Ue ha presentato una bozza di regolamento per intervenire in situazioni di questo tipo, che vedono il blocco all’esportazioni di prodotto europei a causa di tensioni politiche. La proposta della commissione propone di imporre dazi e limitare l’accesso al mercato unico dell’Unione europea a prodotti, servizi e investimenti provenienti da Paesi che utilizzano l’arma delle barriere commerciali a fini politici. Per quanto riguarda le sanzioni da applicare, la Commissione propone di adottare la procedura già in vigore per le misure commerciali, che prevede l’approvazione a maggioranza degli stati membri, e non all’unanimità come accade oggi, poiché tali decisioni fatto parte delle procedure previste dalla politica estera dell’Unione.