I tormenti dei commessi, le aperture di Pasquetta che dividono i clienti e la versione dei buyer: una settimana da social
Il mondo, ancor più di questi tempi, scorre sulle loro pagine. Ci si informa, si discute, ci si diverte, si gioca, si litiga, si compra e persino ci s’innamora. E anche l’universo che ruota intorno all’universo food non fa eccezione, dai prodotti alle discussioni più accese è tutto lì, sui social, croce e delizia del nostro tempo. Questa mini rassegna social, senza nessuna pretesa d’esaurire l’argomento, raccoglie spunti, argomenti di discussione e curiosità accadute nell’ultima settimana sulla piazza virtuale.
Le disavventure dei commessi perplessi
A volte, vien davvero da chiedersi come facciano a resistere. Se già lavorare a contatto con il pubblico non è semplice, le norme e divieti relativi alla pandemia, e sopratutto la necessità di farli rispettare, rendono le giornate di cassieri e commessi della Gdo ancora più difficili. Le pagine dedicate alle insegne e alle recensioni dei loro prodotti, frequentatissime dagli addetti, ne sono spesso la testimonianza. Richieste assurde, mascherine abbassate, nessun rispetto dei distanziamento sono solo alcuni degli esempi. La pagina Commesso Perplesso ha documentato, con una foto, una scena che si ripete ogni giorno in moltissimi punti vendita. In questo caso si tratta di un Conad in qualche punto d’Italia, dove campeggia in bella vista il cartello che chiede di “non appoggiarsi al banco” accanto alla cliente che vi poggia comodamente entrambi i gomiti senza batter ciglio. Tra i tanti commenti, si legge: “Hanno sempre la risposta pronta: non l’avevo visto, non ho gli occhiali e così via. Poi se sbagli il resto e dai un centesimo di meno lo notano subito”.
Le aperture festive che dividono sempre
Tra le cose che il covid non ha cambiato c’è sicuramente la guerra tra aperturisti e oltranzisti delle chiusure festive dei supermercati. La semplice domanda posta in gruppo di clienti Lidl- “ma il negozio, lunedì (Pasquetta, ndr), venderà le tute, anche se siamo in zona rossa?” – scatena una bagarre infinita fra chi invita tutti a restare a casa con le famiglie (come se non fossero più o meno dodici mesi che lo si fa) perché se al super non ci si va non li aprono più e possono festeggiare anche i commessi e quanti, invece, chiedono di poter fare, ciascuno, le proprie scelte senza diktat altrui opponendo il più classico degli argomenti: ma quindi voi che volete i supermercati chiudi non andate neanche in pizzeria (quando si può) a mangiare un gelato, a prendere un caffè o al cinema? L’attualità porta anche una nuova scuola di pensiero, cioè quella di chi fa notare come in tempo di pandemia i giorni siano tutti più o meno uguali. “Ma tanto dove volete andare che siamo tutti in zona rossa?”
“Non siamo i diavoli della Gdo”
I buyer, si sa, sono grandi protagonisti dei dibattiti nel food: amati, odiati, temuti, ricercati, nominati e spesso utilizzati come parafulmine, sono sempre al centro di ogni discussione sulle strategie e il futuro del retail. In un dibattito assai approfondito nella pagina Linkedin del vulcanico Mario Gasbarrino (con cui si potrebbe fare una rubrica a sé stante), che vede al centro il tema degli assortimenti e della ricerca di novità di prodotto, ecco spuntare il commento di Fulvio Copaloni (responsabile acquisti Ariete), che proprio non ci sta a veder addossare ai buyer ogni male del mondo. Dall’alto di una esperienza ventennale in quel ruolo, scrive: “Il buyer non è il diavolo della Gdo, non è un sadico succhiasangue (soldi) o un cinico che ignora i messaggi del cliente, bensì un professionista cui è stata tolta quasi totalmente la libertà di pensare e creare, che esegue senza contraddire il management […] Bisognerebbe sentire anche la versione del buyer che ormai è il centro di qualsiasi problema che le altre funzioni aziendali chiamano in causa per la soluzione“. Il dibattito è sempre più aperto.