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Bufera Concast: Latte Trento lascia dopo 73 anni

Latte Trento è uscita dal Concast, il consorzio caseifici del trentino che ha contribuito a fondare il 28 luglio 1951, con una lettera inviata nei giorni scorsi. Due pagine firmate dall’attuale presidente, Renato Costa, nella quale vengono riassunti anni di contrapposizioni sulla gestione, culminate nel vivace confronto sul prezzo di remunerazione del Trentingrana all’assemblea Concast, nel 2023.

Ma ad aver portato alla rottura definitiva è l’ipotesi, che sarebbe emersa in uno degli ultimi consigli di amministrazione del Consorzio guidato da Stefano Albasini, di acquistare latte dall’Alto Adige per produrre formaggio, “facendo concorrenza alle cooperative socie” come accusa Latte Trento.

Le frizioni tra il caseificio e il Consorzio vanno avanti da anni ma, come scrive nella sua lettera Renato Costa, i rapporti sono peggiorati “soprattutto con la gestione dell’ultima divisiva presidenza, per lo più appena rieletta con metodi poco trasparenti. Assistiamo a investimenti non condivisi, alla completa assenza della filosofia sulla qualità, alla gestione fallimentare con risultati insufficienti sulla remunerazione dei prodotti”, scrive Costa, sottolineando come questo abbia portato negli anni al calo dei conferimenti di grana, siero (da 720mila ettolitri a 702mila in un anno), burro (1.375 tonnellate nel 2023 contro le 1.496 del 2022 e le 1.609 del 2021) e panna.

Sul piano dei volumi, l’addio di Latte Trento ha senza dubbio un peso. Il caseificio infatti raccoglie poco meno del 40% del latte prodotto in Trentino (140mila tonnellate annue); questo significa, per il Consorzio rinunciare a circa 10mila forme di Trentingrana sulle 94mila conferite nell’ultimo anno, già stimate in discesa a 85mila nel 2024.

Latte Trento, dal canto suo, puàò contare su un bilancio record nel 2023, con fatturato oltre 65 milioni, in crescita del 5% rispetto al 2022, un utile di 110mila euro e una remunerazione media ai soci di 76 centesimi al litro di latte.

Il Concast, invece, è reduce da un’annata che ha visto il valore della produzione scendere di quasi il 6%, passando da 67,3 a 63,4 milioni.

Nella sua lettera Costa contesta anche la ripartizione dei costi per servizi e marketing del Concast, in particolare la decisione di addebitarne il 94% alla linea Trentingrana, “abbassando in maniera forzata quella dei formaggi tradizionali”.

Latte Trento critica anche il contributo associativo previsto per il Trentingrana: “50 milioni di litri di latte alimentare che ci gestiamo in piena autonomia senza pesare sull’organizzazione: non richiediamo da anni consulenza alcuna sui caseifici e abbiamo risolto da soli i problemi qualitativi”.

Il presidente Costa, inoltre, nella lettera spiega di aver proposto idee e soluzioni per migliorare la cooperazione e aggiunge: “In una realtà aziendale come la nostra, dove la marginalità è direttamente influenzata dal rapporto tra spese e ricavi, è impensabile sostenere costi che non sono gestiti ottimamente e che sono imputabili a fattori o scelte contrarie agli interessi della cooperativa”.

Secondo Latte Trento nel Consorzio sarebbe mancata la volontà di confronto e di dialogo ed è per questo che il caseificio, dopo 73 anni, fa deciso di uscire dalla compagine.

Il recesso, secondo lo Statuto, sarà effettivo dal prossimo 28 luglio 2026 per rispettare i termini che prevedono la possibilità di uscita dal Consorzio ogni 5 anni.

Nelle ultime righe Costa lascia comunque uno spiraglio aperto perché, se da un lato scrive che “è giunta l’ora di dividere le nostre strade senza creare ulteriori dissapori cercando di trovare un minimo di collaborazione per evitare danni o contrapposizioni”, dall’altro aggiunge che si è voluto dare comunicazione della decisione con largo anticipo “per permettere al consorzio di fare le dovute scelte, evitando la di programmare la gestione futura dei volumi di Latte Trento”. Insomma, c’è ancora spazio per risanare la frattura ma serve un cambio di strategia.

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