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Agroalimentare italiano: bene il valore aggiunto, meno i ricavi

L’agroalimentare italiano è al primo posto per il valore aggiunto, pari a 67 miliardi di euro, che genera nell’economia tra i settori industriali chiave del Paese, ma sconta ancora una frammentazione eccessiva e ricavi medi limitati, per 3 milioni di euro, che lo posizionano al 14esimo posto sui 27 Paesi Ue per dimensione media delle imprese del settore e al 15esimo per produttività. I dati emergono da un’analisi di The European House-Ambrosetti, realizzata in occasione dell’ottava edizione del Forum ‘La Roadmap del futuro per il Food&Beverage’.

Lo studio rileva come l’Italia sia ultima tra le quattro grandi economie europee per dimensione media, raggiungendo solo un terzo dei ricavi medi delle imprese tedesche e la metà di quelle spagnole. La classifica dei paesi è guidata da Danimarca e Irlanda, dove le aziende agroalimentari fanno registrare ricavi medi rispettivamente di quasi 22 e 17 milioni di euro, ma anche Paesi Bassi, Germania, Belgio, Lussemburgo, Austria, Spagna e Svezia si collocano oltre la media del continente. Ungheria, Polonia, e Finlandia sono davanti al nostro Paese, così come la Francia con una media di 4 milioni per azienda agroalimentare. Gli analisti, segnalano inoltre che “nonostante la filiera agroalimentare valga quasi 67 miliardi di euro, il suo valore aggiunto sul Pil è pari al 3,8% contro una media europea del 4,1%, collocando l’Italia al 12esimo posto tra i Paesi dell’Unione”. Anche in termini di produttività la statistica non migliora: 15esimo posto con una media di 45mila euro per addetto, inferiore alla media Ue-27 di 52mila. E’ rilevato che gli investimenti pubblici, in Italia, destinati alla ricerca e sviluppo del settore agricolo arrivano a 5,2 euro pro-capite, cioè il 17esimo posto nell’Unione, dove mediamente vengono investiti 7,6 euro per persona.

Tra le prime quattro economie dell’Unione europea – Germania, Italia Francia e Spagna – il nostro Paese si colloca in ultima posizione. Lo studio fa presente che, nonostante lo “stallo” degli investimenti, il Paese è tra i primi cinque in Ue per valore generato dal mercato della robotica agricola, con ricavi pari a 1.600 euro per ogni milione generato dall’agricoltura, il doppio di quello europeo. L’Italia, inoltre, è quinta per richieste di brevetti nel settore alimentare: 69 contro una media europea di 39. Tutti dati che non fanno che confermare la situazione dell’agroindustria italiana, così apprezzata nel mondo ma meno competitiva dei propri ‘vicini di casa’, con una maggiore difficoltà a investire in progetti e persone. A questo, per la trasformazione lattiero casearia, si aggiunge il drammatico calo dei margini legato ai vertiginosi aumenti del latte registrati negli ultimi anni.