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Sial 2022: un’edizione da dimenticare. Bene gli italiani, ma serve una grande fiera a Milano

Quella del 2022 è stata forse la peggior edizione di sempre per il Sial di Parigi: la manifestazione, iniziata per la prima volta di sabato, il 12 ottobre, è stata funestata da ritardi, disservizi, scioperi e molto altro. Tanto che, di fatto, le giornate lavorative piene sono state 1,5, cioè il lunedì e mezzo martedì, giorno però segnato dallo sciopero dei trasporti, che si è poi rivelato il migliore sul fronte degli spostamenti, anche perché le persone che si recavano in fiera erano davvero poche, proprio a causa dell’allarme sciopero.

Sial 2022: poco più di un giorno di fiera e almeno otto di impegno

Cinque giornate sono troppe, per qualsiasi fiera. Questo è ormai un mantra che le aziende ripetono da tempo, inascoltate, ma che nel caso di Sial si è rivelato ancora più vero. L’apertura di sabato e domenica, fatta per agevolare il normal trade e alleggerire l’impatto della fiera sulla Rer, il servizio ferroviario urbano che collega il centro città con l’aeroporto e la fiera, a Paris Nord Villepinte, ha sortito soltanto l’effetto di due giorni di padiglioni semi vuoti. Dopo l’entusiasmo del ritrovarsi, nella giornata di sabato, si è fatto del gran salotto mentre la domenica molti hanno evidentemente scelto di fare i turisti in centro città piuttosto che recarsi a Sial 2022. Affollatissimo il lunedì e buona affluenza anche la mattina del martedì. In sostanza, un impegno minimo di otto giorni per le aziende, tra allestimento, fiera e disallestimento, con i relativi costi di vitto e alloggio, per lavorare poco più di una giornata. Oltretutto, il poco lavoro è stato di molto appesantito dalle condizioni logistiche: impossibile prendere un taxi, introvabili Uber e almeno mezz’ora, ad essere fortunati, per andare dalla fiera alla adiacente metropolitana all’orario di chiusura dei padiglioni e più di due ore per arrivare in centro città.

La Francia non c’era

Al padiglione sette, quello dedicato ai formaggi, di Francia si parlava molto, sopratutto in relazione al prezzo del latte, ma le aziende locali erano poche e i buyer delle principali catene d’Oltralpe non si sono visti. Un fatto che, ovviamente, non è passato inosservato. Sial, nel complesso e affollato panorama parigino, è una fiera che non esiste. Situazione molto diversa rispetto, per esempio, a ciò che accade a Colonia, dove tutta la città ruota intorno all’Anuga durante la fiera. A Parigi è difficile incontrare qualcuno, in hotel, bar e ristoranti, che sappia che in fiera si sta tenendo una manifestazione dedicata all’alimentare di tutto il mondo. Non sembrano essere solo gli operatori a snobbare questo appuntamento ma anche tutta la città. E la cosa diventa molto evidente quando si cerca di muoversi da e verso Parigi.

L’Italia dei formaggi ha fatto business. E’ ora di puntare su una fiera nazionale

Il padiglione 7, dedicato al dairy, è rimasto per due giorni senza il cartellone che indicava le merceologie che vi si potevano trovare

All’inizio della fiera mancava persino il cartello che indicava il padiglione dei formaggi, mentre c’erano tutti quelli degli altri. Un errore cui l’organizzazione ha rimediato solo nella giornata di lunedì. Ma nonostante questo, le aziende lattiero casearie italiane hanno tenuto banco, sia nel padiglione 7 sia nella bellissima collettiva Ice al padiglione 1. Espositori soddisfatti degli incontri fatti, molto italiano fra i corridoi, formaggi strepitosi e tanti affari. Ma ancora di più dopo questa edizione sembra davvero assurdo regalare la presenza ad una fiera, come il Sial, difficile logisticamente e snobbata da molti compratori locali. L’edizione 2022 dovrebbe far spingere ancora di più l’acceleratore sulle nuove manifestazioni che dovrebbe nascere dalla fusione fra Fiere di Parma e Fiera Milano e su quelle di settore, come il B2Cheese. Pensare ad una manifestazione milanese di caratura internazionale consentirebbe alle aziende italiane di puntare su una fiere che attragga tanto, se non più del Sial, contando sulla logistica di una città come Milano, amata dagli stranieri ma più piccola e meno caotica di Parigi, dove gli scioperi non sono così frequenti e l’attenzione verso le manifestazioni fieristiche è molto alta. Le aziende giocherebbero in casa, anche sul piano dei costi e degli spostamenti, e l’agroalimentare made in Italy ne ha davvero bisogno. Ed è questo il momento più giusto, anche perché uno dei compatitor ha mostrato tutti i suoi limiti in un modo che difficilmente si potrà dimenticare.