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Nuovo ministro, crisi energetica, export, prezzi e formaggio ‘anticrisi’: la versione di Paolo Zanetti (Assolatte)

“Un ministro dell’agroalimentare che abbia ben presente non solo il settore primario, certamente fondamentale perché ci rifornisce di materie prime di qualità, ma anche le nostre imprese, determinanti e trainanti per la filiera. Il made in Italy, lo sappiamo tutti, è fatto da prodotti trasformati. Quindi la tutela, la valorizzazione e gli investimenti per la trasformazione sono importantissimi”. Paolo Zanetti (foto), presidente di Assolatte, entra nel vivo nel dibattito politico sul nuovo ministro dell’Agricoltura. Non facendo nomi ma disegnando l’identikit della figura ideale e stilando una lista delle cose più urgenti che il nuovo ministro deve affrontare. Semplici e dirette le richieste del presidente Paolo Zanetti, che elenca ai nostri microfoni: “Via inutili incombenze come le dichiarazioni trimestrali al Sian. Sono burocrazie  che non esistono in nessun altro paese e in nessun altro settore, agroalimentare e non. Non so se altre imprese siano tenute a registri analoghi, che prevedono un vero e proprio inventario trimestrale”. Nella lista di Paolo Zanetti c’è anche un tema dibattuto da tempo: la plastic tax. “Non la vogliamo. La plastica, nel nostro settore, non è un accessorio di bellezza che si può sostituire a piacimento, ma serve a garantire conservabilità e sicurezza alimentare. E dobbiamo anche pagarci una tassa? Non solo: stiamo già pagando gli investimenti per adeguarci alle norme europee sulle plastiche. Insomma, da un lato paghiamo la tassa e dall’altro paghiamo anche gli investimenti. Una situazione assurda”. 

Costi che sarebbe anche difficile trasferire ai consumatori…

Sarebbe impossibile. La plastic tax oggi si intreccia ancora di più con il tema – molto sensibile – del prezzo dei prodotti finiti.

Riassumendo le priorità in uno slogan?

Non amo molto parlare per slogan, ma ci provo: stop tasse, basta vincoli, basta cavilli. Occorre poi che il Governo ci dia una mano sugli energetici perché la situazione è drammatica. Tante aziende sono alla canna del gas, anzi neanche perché non possono permettersi di pagarlo …. Una situazione generalizzata che per alcuni prodotti è ancora più grave, come il latte e i prodotti freschi. Senza parlare dei produttori di burro che hanno visto crescere il costo della materia prima del 100%! Basta parole, bisogna intervenire con tutte le possibili misure abbassa-costi. Altrimenti le aziende chiudono. 

Siete preoccupati per la disponibilità di gas nei prossimi mesi?

Già i primi di marzo abbiamo scritto al ministro Giorgetti sottolineando che la disponibilità di gas per noi è imprescindibile. Sappiamo che il Governo si sta muovendo e che le riserve sono state portate all’85% e sono stati fatti nuovi contratti, però ci sono dei tagli in vista ed e bene ricordare che le filiere zootecniche senza energia non vanno avanti. Abbiamo assolutamente bisogno dell’energia per pastorizzare, per raffreddare, per produrre, per conservare i nostri prodotti.  

Quali sono le richieste di Assolatte? 

Siamo tra i settori da tutelare in via prioritaria. Per il momento, le restrizioni riguardano il numero di settimane di riscaldamento e le temperature nelle case. Noi non rientriamo tra i settori ai quali dovrebbero essere chiesti sacrifici. Bisogna evitare che la zootecnia venga coinvolta nei tagli, altrimenti noi non potremo raccogliere il latte, con tutto quello che ne deriva. 

Tra le ipotesi che circolano ci sono anche quelle di uno stop&go per le industrie…

So bene che ci sono settori più energivori di noi e che sono altrettanto importanti, ma mentre alcuni settori possono anche lavorare a giorni alterni, altri non possono farlo. Con il latte ovviamente non si può fare, deve necessariamente essere raccolto e lavorato ogni giorno. 

Parliamo di prezzi e di aumenti. Latte e formaggi, dagli anni ‘90 e fino a qualche mese fa, non erano aumentati. Come commenta Paolo Zanetti? 

Ma lo sa che i prezzi all’ingrosso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano sono inferiori a quelle del 1995? I prezzi al dettaglio, però, non sono certo quelli di 25 anni fa. Abbiamo fatto sforzi eccezionali per creare aziende più efficienti, poi sono arrivati gli aumenti dettati da quelli dei costi energetici. Gli aumenti che chiediamo per i costi, dovrebbero anche riposizionare i nostri prodotti su valori più vicini a quello che essi valgono. Certo, sarebbe stato meglio vivere una crescita progressiva, recuperare vent’anni in due mesi è uno shock. Per tutti. 

Apriamo un capitolo positivo. Come sta andando l’export?

Molto bene. È in crescita anche sui primi sei mesi 2022, sia in valore sia in volume. Quello che deve far riflettere è che i prezzi medi dei prodotti esportati sono cresciuti molto di più del tasso di inflazione in Italia per il nostro settore. Quindi, evidentemente, il valore aggiunto della qualità italiana è più riconosciuto all’estero che in Italia. 

Quali sono i paesi e i prodotti su cui stiamo lavorando di più o su cui varrebbe la pena farlo? 

Si esportano molto bene tutte le principali Dop: Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Gorgonzola, Mozzarella di Bufala. Ma il nostro successo è costruito anche sulla mozzarella di latte vaccino, il mascarpone, la ricotta, la burrata. I mercati Ue si confermano sempre ben disposti all’acquisto di prodotti italiani. Nel semestre abbiamo registrato crescite in doppia cifra in Francia, Spagna, Olanda, oltre ad alcuni mercati emergenti dell’Est Europa e agli scandinavi. Performiamo bene anche fuori dall’Unione, dove ad esempio il mercato britannico, terza storica nostra destinazione, è in ripresa. Fondamentali sono poi, per i formaggi duri, il Nordamerica e, per i freschi, l’Estremo Oriente tra Cina, Corea del Sud e Giappone.

Resisterà alla crisi che stiamo vivendo, il nostro export di formaggi?

Gli ottimisti dicono che resisterà grazie al suo posizionamento su livelli di fascia alta. Però, il quadro è davvero difficile e ci sono molte preoccupazioni, anche per gli effetti sulla concorrenza. L’inflazione in alcuni paesi è molto meno forte di quella generata dai nostri costi e gli aumenti che stiamo chiedendo potrebbero danneggiare i nostri volumi di vendita all’estero.

Parliamo del Canada: ricorrono i primi cinque anni del Ceta. Quali sono i numeri?

Grazie a questo accordo siamo cresciuti del +50% in cinque anni. Quindi evviva il Ceta; evviva gli accordi di libero scambio con i grandi mercati mondiali.

Ultima considerazione: rispetto ad altre crisi non si tornerà in cucina, visto il costo degli energetici. E Il formaggio è un secondo già pronto…

Anche in questo caso cerco di rispondere con uno slogan per i consumatori: sei preoccupato per la bolletta del gas? Con i nostri prodotti – pronti da mangiare – non te lo facciamo usare ….