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Le interviste di InsiderDairy. Caterina Avanza (consigliere politico al Parlamento europeo): “Nutriscore probabile. E l’Italia sta sbagliando strategia”

Caterina Avanza, consigliere politico al Parlamento europeo nella delegazione Renaissance gruppo Renew Europe, cioè la formazione del presidente francese Emmanuel Macron, è una bresciana doc. Fa parte di quella nutrita schiera di eccellenze italiane all’estero: liceo e laurea in Scienze Politiche in Italia, master alla Sorbona, sposata con due figli, oggi si divide fra Parigi e Bruxelles dove si occupa anche di agroalimentare e dintorni. Tra i tanti dossier sul suo tavolo (ha lavorato per le modifiche al report della Commissione Beca, ndr) c’è anche quello del Nutriscore. Con lei abbiamo parlato di questo strumento, delle sue criticità, della posizione italiana e di ciò che si potrebbe fare per migliorare davvero il Nutriscore, ad esempio riservandolo solo agli ultratrasformati. A partire da un punto fermo: “Dire solo no, non porta molto lontano. L’Unione europea è una fabbrica di compromessi”.

Partiamo da una domanda generale: cosa pensa del Nutriscore? 

Non mi piace il Nutriscore e non ne sono una fan. E’ troppo riduttivo e rischia di fornire poche informazioni. Sotto questo profilo, oltretutto, i giovani sono il target più delicato. 

Perché riduttivo?

Il Nutriscore è riduttivo perché una buona dieta alimentare è come una partitura musicale: tanti alimenti diversi che si completano tra loro. Ci sono anche questioni non considerate, come il tener conto dell’utilizzo effettivo che il consumatore fa del prodotto o il valore dei suoi componenti. 

Ad esempio? 

Le patate surgelate, cioè quelle che si acquistano per preparare le classiche patatine fritte, sono A. Una valutazione che non tiene per nulla conto del fatto che verranno poi fritte e salate, cambiando completamente i valori nutrizionali. E che non ha senso, ovviamente, perché nessuno le consuma surgelate. Nel caso dell’olio di oliva non viene preso in considerazione che ci sono dei grassi, in particolare vegetali, di cui il nostro corpo ha bisogno in quantità ragionevoli, per i formaggi non viene preso in conto l’apporto di calcio, di cui in particolare i bambini necessitano, e per i prodotti del mare non viene considerato l’apporto di Omega 3. Anche queste modifiche sono fondamentali. 

L’Italia si sta opponendo con fermezza al Nutriscore, a tutti i livelli…

Tanti sono d’accordo su molte delle critiche mosse dall’Italia. Ma effettivamente quello dell’obesità sta diventando un problema di salute pubblica molto importante, in Europa. Ed è stato proprio il parlamento europeo ad aver inserito e votato, nel Farm to Fork, l’introduzione dell’etichettatura front pack.  

Questo significa che il Nutriscore ci sarà sicuramente?

Ci sarà un’etichettatura fronte pacco. Quale strumento sarà la commissione a valutarlo e proporlo al parlamento. Certo, essendo stato adottato in molti paesi, il Nutriscore è senz’altro più spendibile. 

Cosa pensa della strategia italiana?

Non mi sembra vincente. Capisco molto bene tutte le perplessità ma è troppo duro l’atteggiamento italiano, in Europa questo raramente paga. L’Italia non sta cercando un compromesso. Francia e Spagna, ad esempio, hanno posizioni critiche ed è su questo che bisognerebbe lavorare, fare fronte comune. 

I Consorzi delle Dop hanno messo in campo diverse iniziative per difendere questi prodotti della nostra tradizione agroalimentare…

Non è sul tradizionalismo che si vincerà questa battaglia. Il negoziato, ed è un punto che deve essere ben compreso, riguarda un tema urgente di salute pubblica rispetto al quale non ci sono filiere e tradizioni che tengano. Perché di fronte a questi argomenti l’obiezione è facilissima e taglia ogni discorso: “E i bambini che soffrono di patologie vascolari a causa dell’obesità?” Bisogna essere davvero molto attenti nella scelta degli argomenti da contrapporre al Nutriscore. 

Quali sono gli aspetti su cui si può lavorare?

Gli spagnoli, ad esempio, stanno spingendo sull’idea di togliere il Nutriscore dagli alimenti semplici e lasciarlo solo sulle confezioni degli ultratrasformati. Le critiche, che arrivano da molte parti, sono dirette al Nutriscore come è oggi e al suo algoritmo. E hanno già dato dei frutti: a Bruxelles sono stati istituiti diversi tavoli di lavoro proprio per migliorare l’algoritmo, composti da esperti, enti e organizzazioni agricole. 

Ci sono spiragli?

Assolutamente sì. Oltre alla questione dei trasformati, manca una valutazione sul modo in cui i consumatori utilizzano già oggi il Nutriscore o su quali saranno le loro reazioni dopo l’introduzione. E questo è sicuramente un punto importante, anche per analizzare un problema culturale: il rischio è infatti che il consumatore finisca per paragonare alimenti tra loro non confrontabili, cioè appartenenti a categorie diverse. 

Qual è la via migliore per ottenere dei risultati?

A mio avviso, la cosa più importante è restringere il campo d’azione, applicando l’etichetta solo sui trasformati o sugli ultratrasformati, influenzando in questo modo anche l’industria affinché realizzi alimenti più sani. Ma per farlo bisogna trattare, non arroccarsi in posizioni contrarie a prescindere. Pretendere uno studio d’impatto ed escludere i prodotti base, come i formaggi, dall’utilizzo del Nutriscore sarebbero risultati davvero significativi. 

Perché è così importante la battaglia sui prodotti base?

Perché sono già sani e naturali. Il rischio, con il Nutriscore, è invece che diventino più chimici, modificando la ricetta solo per ottenere un semaforo verde. La più importante di tutte le battaglie, quando si parla di Nutriscore, secondo me è proprio questa: eliminare i prodotti base dall’obbligo di una etichetta front pack. 

Parliamo di grassi. In generale sono tutti bocciati dal Nutriscore. Cosa ne pensa?

I grassi ci vogliono, sono essenziali per una corretta alimentazione. Ed è per questa ragione che il Nutriscore non va usato in questo caso. Se tutti gli olii di oliva ottengono la lettera D, che senso ha applicarlo a questa categoria? Si rischia che il consumatore li elimini andando nella direzione esattamente contraria ad una sana alimentazione. 

La stroncatura di Efsa aiuta chi si oppone al Nutriscore? 

Quando si entra in una battaglia frontale è importante essere precisi: Efsa non ha bocciato il Nutriscore. Ciò che ha fatto l’agenzia europea, forse un po’ furbamente, è un ragionamento generale sul concetto di nutrizione, sottolineando il fatto che una buona dieta è quella variegata e lasciando alla commissione Ue la valutazione del miglior modello da utilizzare per l’etichettatura fronte pacco. Sono tre le vie possibili per realizzarla: l’algoritmo, la soglia quantitativa degli elementi, il contributo fornito in positivo da un alimento. 

C’è sempre il Nutrinform Battery proposto dall’Italia…

Sicuramente è uno strumento più completo e meno riduttivo, ma è complesso da leggere e poco intuitivo. In ogni caso, l’Italia lo ha proposto ma non lo ha adottato, cosa che si sarebbe potuto fare, quindi non ci sono dati relativi al Nutrinform Battery. Ed è davvero difficile che, come soluzione, la commissione Ue prenda in considerazione uno strumento che esiste solo sulla carta. Inoltre, adottando un sistema nuovo si rinuncerebbe ai feedback già esistenti che permettono alla Commissione di non partire da una pagina bianca.

In quanti paesi il Nutriscore è già realtà?

Per il momento è stato adottato ufficialmente da due paesi ma viene comunemente utilizzato in sette. Quindi, in sette paesi dell’Ue i consumatori sono già abituati a questo strumento. Posso sbagliare, ma penso che la Commissione sceglierà la strada del Nutriscore tentando di migliorare ciò che già esiste. 

Nei paesi che lo hanno adottato è diventato un driver promozionale. Cosa ne pensa? 

Non è uno strumento di marketing e non deve essere usato così. Questa è una delle cose sui cui sarà importante che il parlamento intervenga. Oggi, in assenza di regole, viene utilizzato in questo modo dai retailer, che dedicano pagine, ad esempio, ai prodotti per la merenda dei bambini classificati con la lettera A. Mi ha scioccato vedere che fra i prodotti A evidenziati non c’era neanche un frutto ma solo trasformati.

Quali sono i tempi previsti per l’arrivo al parlamento europeo? 

La proposta dovrebbe arrivare a fine anno e l’etichettatura front pack, questo è certo, ci sarà. 

Come andrà a finire? 

Probabilmente il Nutriscore ci sarà. Non sarà mai perfetto, ma bisogna battagliare per renderlo migliore. Senza dimenticare una cosa molto importante: nessuna etichetta front pack potrà impedire scelte alimentari sbagliate o risolvere il problema della malnutrizione legata alla povertà. Ecco perché in parallelo la Commissione deve insistere sull’educazione alimentare nelle scuole e, perché no, sui social media, altrimenti l’obesità continuerà ad aumentare anche in Europa.

In foto: Caterina Avanza insieme ad Emmanuel Macron