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Latte, il ministro Patuanelli rilancia il polverizzatore: “Per evitare che i surplus produttivi deprimano i prezzi”

L’idea di costruire nuovi polverizzatori di latte in Italia torna a ogni crisi di mercato, senza che mai siano stati risolti i nodi che lo rendono un progetto ben poco strategico, nel quadro mondiale. A rilanciare l’argomento, in questa delicatissima fase, è il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli. Punzecchiato dalla lettera di Granarolo, nella quale, riferendosi alla crisi attuale, si legge: “Il governo si limita ad apparecchiare la tavola ma non ha messo ancora nulla sul tavolo”, Patuanelli ha lanciato la proposta, dalle colonne de Il Sole 24 Ore. “Sui costi di produzione lo scenario è mutato troppo velocemente per le capacità di risposta di un tavolo di filiera e questo non può essere addebitato al ministero. Al tavolo dobbiamo immaginare soluzioni ai nodi strutturali del settore e dobbiamo confrontarci anche sulle quantità prodotto. Dalla fine delle quote latte la produzione è sempre aumentata e andiamo incontro a un eccesso di offerta”, è l’analisi del ministro. “Occorre trovare degli sbocchi alternativi diversi dalla produzione di latte alimentare o di formaggi. Gli assessori regionali hanno proposto di studiare l’ipotesi di investire su impianti di produzione di latte in polvere. Ne abbiamo pochi in Italia mentre il latte in polvere è la modalità con cui le proteine animali vengono utilizzate nei settori farmacologico e farmaceutico. Potrebbe essere una strada per evitare che i surplus produttivi deprimano ancora i prezzi“.

A stretto giro di posta la replica di Alfredo Lucchini, presidente della sezione di prodotto lattiero casearia di Confagricoltura Piacenza: “Tutto questo latte deve essere gestito ma la proposta che abbiamo sentito di realizzare dei polverizzatori stride con qualunque visione strategica e di valorizzazione del prodotto nazionale nel momento in cui paesi come l’India stessa, fortemente eccedentaria di latte, è già pronta a invadere i mercati mondiali col latte eccedente trasformato in polvere. Invece di valorizzare il nostro latte eccellente, certificato e realizzato con standard sempre più elevati, lo andiamo a mettere in diretta competizione con commodities minori?”. “Gli allevatori si ritrovano in prima linea a protestare delle piazze italiane con la consapevolezza di rappresentare una compagine disarmata e priva di soluzioni”

Tempi, costi, opportunità: perché un nuovo polverizzatore di latte, in Italia, non è una soluzione

La polverizzazione è una delle destinazioni d’uso dei paesi con eccedenza produttiva di latte e, in genere, bassa diversificazione nella produzione di formaggi, soprattuto ad alto valore aggiunto. L’equazione è semplice: il latte contiene una parte proteica e una grassa, che possono avere diversi percorsi di utilizzo: burro, formaggi, panne, polvere di latte scremato (magra), polvere di latte intero (grassa). A seconda dei corsi di questi prodotti sul mercato mondiale, si sceglie la combinazione che porta alla massima remunerazione delle due componenti. Un sistema di gestione delle produzioni tipico di molti paesi del Nord Europa, degli Stati Uniti e della Nuova Zelanda, ad esempio. 

Diverso è nei mercati dove la varietà e il valore dei formaggi sono più alti, così come i costi di produzione del latte. In questi casi, infatti, l’obiettivo è ottenere il massimo da ogni litro, indirizzandosi verso le tipicità e non le commodity, come sono le polveri. Prodotte con impianti ad alta tecnologia, facili da stoccare e da trasportare, le polveri viaggiano su medie prezzi che offrono una diversa remunerazione al latte. La materia prima italiana, ancor più quello destinata ai circuiti Dop, ha un costo di produzione difficilmente conciliabile con il mercato mondiale delle polveri che vede sempre più attori a competere, con quantitativi e di conseguenza prezzi ben diversi da quelli che l’Italia potrebbe offrire. Anche pensare a un solo utilizzo nazionale non è una soluzione: troppo poca la domanda rispetto alla necessità produttiva di un impianto che, per essere competitivo, deve funzionare costantemente e non solo quando serve a tamponare eccedenze produttivo. Anche sul piano logistico, la situazione legata alla raccolta, in Italia, si presenta ben diversa da quella dei paesi del Nord e delle loro enormi latterie. Con tutti i riflessi su costi ed efficienza.

Ci sono poi questioni legate ai tempi di realizzazione, certo non immediati, che difficilmente ne fanno una soluzione per la crisi che sta investendo il settore e che, visti anche i recenti sviluppi del conflitto in Ucraina, con tutte le conseguenze su gas e mais per uso zootecnico, non si risolverà nel breve periodo. In questo momento, oltretutto, polverizzare il latte costa, mediamente, il 60% in più, proprio a causa del rialzo dei costi per l’energia elettrica. Difficili quindi immaginare che possa essere una soluzione da applicare in tempi di crisi energetica. Il rischio, però, oggi è più concreto. La politica ha bisogno di soluzioni da offrire e l’impianto potrebbe essere inserito nei piani legati al Pnrr. Ma qual è la visione strategica del mercato futuro del dairy italiano di chi propone un polverizzatore?

Per tutto ciò che il nostro Paese rappresenta, tra virtù e limiti, come quelli legati al territorio, dovremmo cercare di fare soprattutto i migliori formaggi al mondo.

Fare quello che gli altri non fanno 

E c’è anche un altro punto cruciale: se i formaggi italiani possono contare su esperienze e tradizioni uniche, cosa dire del latte in polvere italiano? Le polveri sono per loro natura un prodotto estremamente tecnico, valutato per caratteristiche ben diverse da quelle che contraddistinguono un prodotto italiano. Per tutto ciò che il nostro Paese rappresenta, tra virtù e limiti, come quelli legati al territorio, dovremmo cercare di fare soprattutto i migliori formaggi al mondo. Quelli con storie da raccontare, vere o verosimili che siano, quelli di cui andar fieri, quelli da vendere con orgoglio in giro per il mondo e che si danno battaglia sui banchi e fra gli scaffali, lottando fino all’ultimo cliente e fino all’ultima goccia di latte da trasformare. E’ forse uno scenario lontano dalle logiche intorno alle quali è costruito il mercato italiano oggi. Ma davvero è meglio un polverizzatore?