Usa: Biden rafforza le misure protezionistiche
Sono ben lontani i tempi e i temi del Ttip fra Usa e Ue, forse la più grande occasione persa in tema di accordi internazionali di libero scambio. Ma anche chi si aspettava un parziale cambio di rotta nelle politiche della nuova amministrazione democratica di Joe Biden rischia di restare assai deluso. Salutata con entusiasmo dall’Europa, l’elezione di Biden non sembra cambiare le carte in tavola rispetto all’amministrazione Trump, almeno a giudicare dai primi atti del neo presidente. Insediato a gennaio 2021, Biden ha già firmato moltissimi ordini esecutivi. Se tanti di questi servono a fare retromarcia rispetto alle politiche di Donald Trump sul fronte interno, per quanto riguarda i rapporti e i commerci internazionali è esattamente l’opposto. Biden non solo sembra seguire la linea di Trump ma ha ulteriormente inasprito le norme che obbligano il governo federale a preferire i fornitori nazionali a quelli stranieri, cioè il cosiddetto “Buy American”.
Nel corso del suo mandato Trump ha emesso decine di ordini esecutivi per favorire le imprese nazionali rispetto ai concorrenti stranieri. Ma Biden è andato più in là: oltre a confermare le decisioni del suo predecessore ha inasprito ulteriormente il meccanismo introducendo un nuovo requisito: gli acquisti di beni da parte del governo devono anche promuovere l’occupazione. Proprio come aveva promesso in campagna elettorale, quando accusò Trump di non aver difeso a sufficienza l’industria nazionale, e a conferma del fatto che quello del protezionismo non era un tema caro solo all’amministrazione repubblicana. Anche sul fronte del conflitto con la Cina, Biden ha fatto sapere di voler incrementare con “nuove restrizioni mirate” le azioni degli Stati Uniti verso il colosso asiatico. Durante un lungo colloquio telefonico con il leader cinese Xi Jinping, Biden ha affermato: “Se l’America non si dà una mossa sulla Cina, la Cina si mangerà tutto il nostro pranzo”. La speranza delle aziende europee, ovviamente, è che in questo pranzo possa esserci invece spazio per il food made in Europe, possibilmente senza gli attuali, costosissimi dazi.
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