numeri, trend, fatti

Le Indicazioni geografiche valgono il 19% del mercato agroalimentare italiano

Si fa un gran parlare, in questi giorni, della cosiddetta ‘Dop economy’, cioè il giro d’affari generato dai prodotti alimentari a indicazione geografica. L’occasione è l’inserimento del termine nel vocabolario on line della Treccani, che così la definisce:

“Segmento della produzione e trasformazione dei prodotti agricoli destinati all’alimentazione a Indicazione geografica, che costituisce una parte importante del valore agroalimentare nazionale”. 

Senza dubbio un’occasione per riflettere anche sulla portata e sull’incidenza di questi prodotti nel variegato panorama della tradizione italiana. Entrando nel dettaglio nei numeri, si scopre che l’economia generata da Dop e Igp vale 16,9 miliardi alla produzione, pari al 19% del fatturato complessivo del settore agroalimentare nostrano. Il restante 81% è un mondo popolato da prodotti di ogni fascia: dalle commodity a larghissima diffusione fino alle più pregiate e rare specialità. Talvolta oscurato dalle fama e dall’aggregazione del settore delle Ig, anche sul piano dei fondi europei, questo 81% rappresenta l’espressione forse più diretta della creatività, dell’intuizione e delle capacità imprenditoriali e talvolta un po’ visionarie di un settore unico come quello agroalimentare, che ha invece nella Dop economy la sua massima strutturazione e organizzazione sovraziendale.