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Sial rinviata al 2022. Per le fiere è caos calendari

Come previsto (leggi qui), Sial è stata rimandata al 2022. Un balletto, tra conferme e smentite, che ha creato non pochi grattacapi ad espositori, operatori e semplici lettori, convintissimi, ancora venerdì, che Sial 2020 avrebbe preso il via da programma, il 18 ottobre. 

Il business prima di tutto

Ma oltre la notizia di cronaca, ci sono parecchie riflessioni che accompagnano la vicenda fiere. Partendo da una ovvia considerazione che vale comunque la pena fare: gli enti fieristici sono aziende che devono fare business. Con una specificità, però: il loro business è favorire il business altrui, proprio azzerando le distanze fra compratori e produttori. Su un terreno così, la concorrenza si gioca sul sottile confine fra necessario fair play e aggressività, con l’obiettivo di approfittare di ogni spazio di mercato lasciato libero dai concorrenti (vedi il padiglione Cibus all’Expo di Milano).

Un anno vissuto pericolosamente

Il quadro che si prospetta per il 2021 va oltre, però. Con un affollamento e pericolose vicinanze che potrebbero depauperare l’offerta complessiva. Mettere le aziende in condizione di dover scegliere a quale fiera partecipare  – oppure di sostenere ingentissimi investimenti -, bloccare le cauzioni in un momento economicamente difficile, far ballare i calendari e così via, significa instaurare con i propri clienti un rapporto molto più conflittuale di quanto non lo sia, per natura, quello fra espositori ed enti fieristici. Il 2021 rischia di essere una perdita per tutti, anche se il virus dovesse risultare solo un brutto ricordo e tutte le problematiche oggi di attualità fossero storia antica. Fatto che nessuno può con certezza garantire. Il frazionamento dell’offerta dovrebbe, a rigor di logica, corrispondere anche ad una riduzione del fatturato degli enti fieristici, magari fatti salvi casi di eccellenza come Plma o Anuga, pur con qualche recente scricchiolio, e nicchie di alto valore e basso impatto come B2Cheese. Ma anche la visibilità o i costi delle aziende subiranno oscillazioni negative. 

E’ il momento della resa dei conti?

Gran parte delle fiere fatturerà cifre prossime alle zero, nel 2020. Indubbiamente occorrono spalle larghe per svalicare questo anno. E si capisce la preoccupazione di chi, come Sial o Cibus, non ha o non avrebbe il proprio evento di punta nel 2021. C’è chi sceglie di trattenere la caparra per limitare il danno, come Sial, che con la sua indecisione ha creato anche non pochi grattacapi – e probabilmente costi aggiuntivi – e chi con una spallata rientra sul terreno di gioco, imponendo la propria presenza ed arrivando, forse, alla tanto temuta o auspicata resa dei conti, come le due fiere italiane: Parma e Milano. Ma chi pagherà una parte di questo conto?

Senza dubbio nemmeno per loro, le aziende dell’agroalimentare, è un momento di festa: se anche il proprio business fosse stato meno impattato dalla crisi covid, senza dubbio lo sono i costi e le prospettive future. E tra chiusura di canali, difficoltà nell’export e tensioni economiche sono ben poche quelle senza preoccupazioni. 

I frigoriferi, McDonald’s e il cambiamento

La storia, quella minima come la più grande, spinge inevitabilmente al cambiamento dei modelli produttivi e dell’offerta di beni e servizi. Chi lo intuisce, esce vittorioso dalle difficoltà. Poi ci sono morti e feriti che restano sul campo. L’arrivo del frigorifero domestico ha modificato quasi tutti i paradigmi relativi al commercio alimentare, dalla frequenza d’acquisto, alla disponibilità di prodotto, alla logistica. Eppure, ha lasciato indietro imprese e occupati su altri fronti, ad esempio fra quelle aziende che fabbricavano il ghiaccio. McDonald’s è nato ed ha fatto fortuna sull’intuizione di un profondo e stabile cambiamento nelle abitudini di vita e spostamento – e di conseguenza alimentari – della nascente classe media americana. Il business delle fiere quest’anno ha scoperto, come i fabbricanti del ghiaccio, il suo vero punto debole: il distanziamento sociale, in tutte le sue forme, anche geografico. Saprà partire da questo per una profonda rivoluzione? 

Le grandi incognite

La palla, in buona parte, è anche nelle mani degli espositori, che di sicuro un potere ce l’hanno, come ha dimostrato la vicenda Sial. Due domande si aggiungono: se alla fine del 2020 le aziende si accorgessero che la mancanza di fiere ha avuto molto meno impatto del previsto? E se nel 2021, oltre a tutto il resto, fossimo ancora alle prese con misure di distanziamento sociale e restrizioni negli spostamenti?